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Via dal lavoro a 58 anni dal 2008 poi scatta l’«età anagrafica minima»

Dal 2009 serviranno 59 anni e 35 di contributi. Ogni 18 mesi la somma salirà di un punto

da Roma

Prima il cosiddetto «scalino», che il prossimo anno dovrebbe far passare l’età pensionabile dai 60 anni più 35 di contributi previsti dalla Maroni, a 58 anni. Poi altri tre aumenti graduali dell’età minima di pensionamento, anche se accompagnati dalle famose quote. Il piano che il governo ha presentato ieri notte ai sindacati non era quello atteso. O almeno non del tutto, perché accanto alle quote prevede di fatto i famosi «scalini», cari al ministero del Tesoro perché meno onerosi delle quote, e avversati dalla Cgil. E la ragione della quasi rottura delle trattative da parte di Rifondazione comunista è stata proprio questa. Il progetto all’esame di Cgil, Cisl e Uil ieri notte (anche l’Ugl ha partecipato all’incontro di ieri a Palazzo Chigi) prevede infatti che a metà 2009 l’età pensionabile aumenti di un altro anno e passi a 59 anni e poi cresca progressivamente e a scadenze fisse fino a raggiungere i 62 anni. Agli aumenti di queste «soglie minime» si accompagneranno le quote. La prima è 95 e si dovrebbe raggiungere 97 entro la stessa scadenza. Tra quattro-cinque anni, insomma, servirebbe un’età di 62 anni e 35 di contributi per ottenere la pensione di anzianità. La differenza con il meccanismo delle quote è che questo è composto dalla somma tra età anagrafica e contributiva e lascia al lavoratore la possibilità di modularle a prescindere dall’età mentre il progetto del governo non permette ai pensionandi di ritirarsi prima delle età scelte come base. Difficile la valutazione dei costi della proposta fatta dal governo. Le stime consegnate ai sindacati parlano di otto miliardi e mezzo nei prossimi dieci anni. Cifra che non comprende i circa 2,5 miliardi di euro destinati a finanziare l’esclusione dei lavori usuranti dall’aumento rispetto ai 57 anni attualmente in vigore. Il picco di spesa dovrebbe riguardare il triennio 2011-2013. Poi i costi dovrebbero diminuire per arrivare quasi al livello della riforma Maroni. Se il governo avesse concesso il meccanismo con un solo scalino e le quote, il costo dell’operazione sarebbe stato doppio: più di venti miliardi di euro. La Ragioneria generale dello Stato ha continuato a fare pressione anche in queste fasi finali della trattativa affinché la riforma avesse sul lungo periodo gli stessi effetti della legge del governo Berlusconi. Ed ha riproposto l’introduzione di più scalini, da accompagnare al sistema delle quote (che sono la somma dell’età anagrafica e contributiva). Altro lavoro intenso è stato quello sulle coperture. Sono spuntate nuove misure per racimolare più risorse possibili. Un contributo di solidarietà per le pensioni che siano otto volte quella minima, quindi intorno ai 4.000 euro. In vista anche tagli ai pensionati ex Inpdai e ai fondi dei lavoratori elettrici, dei ferrovieri e dei postelegrafonici. Tecnici al lavoro anche sull’aumento dei contributi. La quota di stipendio da dare alla previdenza dovrebbe crescere per i parasubordinati e forse anche per i lavoratori autonomi. Per entrambi i contributi erano già cresciuti con la Finanziaria 2007. Questa mattina si saprà se la proposta otterrà il sì dei sindacati.

Ma l’esame in Senato si annuncia difficile visto che i dissidenti del Prc Salvatore Cannavò e Franco Turigliatto hanno bocciato il piano perché «conferma l’innalzamento dell’età pensionabile voluto dal governo Berlusconi».

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