Lavoro, Squinzi liquida la riforma: «Boiata»

RomaA mezza bocca lo dicono in molti e non da oggi. In modo più esplicito nel centrodestra, ma anche nel centrosinistra. Ieri Giorgio Squinzi ha rotto il bon ton istituzionale per affermare che «la riforma del lavoro, fatta così, è una vera boiata». Il presidente di Confindustria l’aveva criticata fin dal giorno del suo insediamento (poco incisiva sui licenziamenti, dannosa sulla flessibilità in entrata) e la battuta liberatoria-fantozziana di ieri potrebbe suonare come una mezza resa, in particolare di fronte al diktat del premier Mario Monti, che vuole approvare la riforma prima del consiglio europeo. «Non possiamo che prendercela così», riconosce. Ma Squinzi, in realtà, sa che le misure saranno cambiate.
Se gli industriali sono stati cauti fino ad oggi è per «non aggiungere negatività in un quadro già complicato». La crisi morde, c’è una «situazione di grande preoccupazione e un quadro politico sconcertante». Ma, ieri, Squinzi non si è contenuto e ha criticato anche il decreto sviluppo, prima con un’altra battuta («Ho provato a leggerlo ma mi sono dovuto fermare dopo trenta pagine perché facevo fumo per la eccessiva tecnicalità») poi affrontando il vero nodo: gli incentivi alla ricerca, promessi e poi tramontati. Ma il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, «rimetterà mano con determinazione» al testo «nei prossimi mesi».
Più prossime le modifiche al decreto lavoro. Sarà approvato senza modifiche, in vista del Consiglio Ue del 28 giugno, ma il ministro ha aperto alle proposte della maggioranza e delle parti sociali. «Non c’è dogmatismo».
Le modifiche potrebbero arrivare dopo un monitoraggio degli obiettivi, oppure prima. Magari con emendamenti al decreto sviluppo che riflettano l’intesa politica che Pd e Pdl stanno cercando. Ieri alla Camera c’è stato l’atteso vertice dei capigruppo di maggioranza con il governo sulla riforma. E da parte di Fornero è arrivata la disponibilità a rivedere alcuni capitoli della riforma e, soprattutto, a trovare una soluzione al nodo esodati, i lavoratori che si ritrovano senza stipendio e senza pensione a causa della riforma previdenziale del decreto «salva Italia». Il governo si è impegnato a trovare soluzioni per quelli che si trovano in questa situazione, oltre ai 65mila già individuati. «Sono 55mila», ha assicurato ieri Fornero, nel tentativo di smentire le cifre uscite nei giorni scorsi. Per loro il governo pensa a un mix di soluzioni. Per i più giovani, ha spiegato il ministro, è possibile «l’estensione del trattamento di disoccupazione con formule di sostegno all’impiego, come incentivi contributi e fiscali», ma anche il ricorso ai lavori socialmente utili. Ricetta che non piace ai sindacati e nemmeno al Pd che chiede semplicemente il riconoscimento delle vecchie regole per la pensione.
Al Pd potrebbe essere concesso qualcosa sugli ammortizzatori più in generale, ad esempio un allungamento della riforma. Quelli nuovi, meno vantaggiosi per i lavoratori, potrebbero scattare alla fine del 2014 e, fino ad allora, dovrebbe rimanere in vigore la mobilità.


Anche il Pdl si appresta a incassare qualcosa sugli stessi capitoli che era riuscito a modificare già al Senato: un alleggerimento della stretta sui contratti a termine (sul turismo), e sul limite di reddito per le partite Iva. Il partito di maggioranza punta anche a fare saltare il limite di 36 mesi sui contratti in somministrazione nel caso in cui siano a tempo indeterminato.

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