Il leader AdC: «Il partito del Cav faccia squadra, noi determinanti»

Premiata la nostra strategia del porta a porta

Il leader AdC: «Il partito del Cav faccia squadra, noi determinanti»

RomaFrancesco Pionati, leader di Alleanza di centro, gongola mentre torna con lo sguardo sui dati elettorali molisani. «Si sono avverate tutte le cose che avevo predetto» flauta contento. «Tranne una - riflette - ma sono felice che proprio su quella i dati mi abbiano smentito».
Partiamo da qui. Cosa è successo che non si aspettava?
«Mi aspettavo che Iorio (il governatore uscente del Molise, ora rieletto a capo di una coalizione di centro-destra, ndr) soffrisse di quella che io chiamo la “sindrome Bassolino”. Cioè l’inevitabile logoramento di chi da tanto tempo è in prima linea nella scena politica. Per fortuna il nostro impegno a sostenerlo è stato premiato».
E cos’è che invece si aspettava?
«Il nostro modo di fare politica è vincente. Sono i dati a dimostrarlo. Bisogna ritornare sul territorio. La campagna elettorale va fatta porta a porta. Solo così si può vincere».
E infatti era in Molise a far campagna elettorale il giorno dello scivolone della maggioranza sul voto dell’articolo 1 del Rendiconto generale dello Stato.
«Quello è stato un incidente. Soprattutto c’è stato un difetto di comunicazione all’interno del Pdl. Figuriamoci se voglio far cadere il governo! Se avessi saputo che bastava un voto sarei corso a Roma!»
In Molise il risultato è stato buono. E i voti da voi ottenuti sembrano uscire dal bacino dell’Udc. I maligni dicono che vuole prendere il posto di Casini come ago della bilancia e punto di riferimento del mondo cattolico.
«Sono uscito due anni fa dall’Udc perché ritenevo che la sua posizione naturale fosse nel centrodestra. Spero sempre che Casini si ricreda e torni nella maggioranza ma temo che il suo obiettivo sia un altro».
Fare fuori Berlusconi?
«Non proprio. È ovvio che chiede con insistenza al premier un passo indietro. Ma il suo vero obiettivo è la disintegrazione del Pdl. Solo allora ritornerà sui suoi passi».
Alcuni vedono nel Pdl di oggi gli stessi vizi e le stesse debolezze dell’ultima Dc. Che ne pensa?
«Hanno ragione. Il Pdl ha interpretato il suo ruolo solo in termini di grandezza. Solo questa ha dato ai suoi vertici l’illusione di essere come la vecchia Dc. Quello però era un partito fortemente radicato nel territorio. Il Pdl, invece, sembra più una sorta di comitato elettorale che si forma in occasione del ricorso alle urne e che soprattutto sfrutta il carisma del suo leader».
In un’intervista, Miccichè (Grande Sud) mette in guardia il governo: se il Mezzogiorno non verrà sostenuto Berlusconi cadrà.
«Non credo che Miccichè passerà ai fatti. È un uomo di marketing e quindi di parole. Però su una cosa ha ragione: il Pdl deve prepararsi ad affrontare il futuro con un assetto plurale».


Cosa vuol dire esattamente?
«Le prossime elezioni si vinceranno su scarti ridottissimi. E il Pdl deve accettare di fare una campagna elettorale improntata al gioco di squadra. Magari di basket con cinque soggetti tutti determinanti: Pdl, Lega, Destra, Grande Sud e noi».

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