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Il leader di An: sì al Ppe e al partito unitario

Il leader annuncia una nuova svolta: «Lo schema destra-centro è superato, chi vota Cdl si riconosce nei nostri valori». Tutti d’accordo tranne Storace

da Roma

Gianfranco Fini lancia la campagna d’Europa. E si prepara a orchestrare una nuova revisione dell’identità di Alleanza nazionale, accompagnando per mano il partito nella nuova casa del Ppe e dentro il partito unitario del centrodestra.
Il leader della destra italiana l’aveva annunciato già venti giorni fa: serve una nuova fase politica, dobbiamo costruire un partito di respiro europeo. Qualcuno aveva mostrato scetticismo rispetto all’ennesima svolta di un partito in perenne movimento e, almeno in apparenza, in costante allontanamento dalle sue radici. Ma il numero uno di Via della Scrofa ieri ha dimostrato di fare sul serio e di essere pronto a mandare in scena una sorta di «Fiuggi due», con l’obiettivo di costruire una nuova An nel giro di tre anni.
«Un partito unitario della Cdl può rappresentare la grande novità delle Europee del 2009. D’altra parte, dopo dieci anni di bipolarismo e di democrazia dell’alternanza, chiunque ha votato la Cdl non lo ha fatto perché si sentiva di centro o di destra ma perché si riconosce nei valori più veri della coalizione. Prima, però, è necessario lavorare perché An entri nel Partito popolare europeo, come hanno fatto Forza Italia e Udc». L’annuncio di Fini arriva poco prima dell’inizio di un esecutivo del partito convocato per discutere il documento tracciato dal leader - e redatto da Adolfo Urso e Pasquale Viespoli - dal titolo «Ripensare il centrodestra nella prospettiva europea». Una mossa che provoca stupore, non tanto per l’ingresso nella famiglia dei moderati europei quanto per il rilancio del partito unitario. Quello stesso partito unitario mandato in pensione venti giorni fa e ora riesumato e rimesso al centro del movimentismo finiano.
Il leader di An fa capire, però, che il partito unitario della Cdl «è una risposta di grande valore strategico che il partito intende perseguire», ma deve essere «un punto di arrivo, non di partenza». E «non può tradursi nella mera sommatoria dell’esistente né ridursi a un’operazione di ingegneria intellettuale, verticistica e autoreferenziale». Il documento di 18 pagine, al di là delle alleanze, esamina la nuova identità di An che «deve pensarsi, strutturarsi e operare come partito-polo», tenuto conto che lo schematismo destra-centro è un limite da superare». Per questa ragione propone «uno straordinario sforzo culturale, politico e organizzativo», guardando anche «fuori dai confini nazionali, nell’ottica di un grande partito nazionale e popolare di ispirazione e respiro europeo», un partito «degli italiani», un «country party». In mezzo, la volontà di far emergere «una nuova classe dirigente» e darsi un «codice di comportamento» per stoppare «le recenti illazioni» e le «campagne di aggressione scandalistica».
Fini, nel documento, rilancia un suo vecchio cavallo di battaglia: il diritto di voto amministrativo agli immigrati. E si dichiara pronto a una riflessione sul riconoscimento della cittadinanza ai loro figli. Ma analizza anche il nuovo blocco sociale al quale An intende rivolgersi, il bacino a cui la destra deve guardare per stringere un nuovo patto. L’obbiettivo è tenere assieme «i produttori di reddito», gli operai, i piccoli e medi imprenditori «che hanno bisogno di più Stato ma meno lacci, più servizi e meno assistenza», con i «produttori di valori», come le casalinghe, i pensionati, per non dimenticare i giovani, quelli che Fini chiama «i produttori del futuro», sui quali «An e la Cdl sembrano aver perso capacità di rappresentanza». L’ex vicepremier detta anche una direttiva sull’atteggiamento da tenere in Parlamento.

«Non dobbiamo fare distinzione tra “right and left” ma tra “right and wrong” attraverso un’opposizione intelligente e non distruttiva, intransigente e non preclusiva». Una linea che complessivamente incassa il plauso di tutta la classe dirigente, con i soli «appunti critici» di Francesco Storace.

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