Legatissimo alla sua terra ma parlava tutte le lingue

Pietro Antonio Colazzo, 48 anni, è il secondo agente dei servizi italiani a perdere la vita in Afghanistan dopo Lorenzo D’Auria. Nell’ottobre 2007 il sottufficiale del Sismi Lorenzo D’Auria era morto per le ferite riportate in un blitz britannico nella provincia di Farah, dopo che era stato sequestrato dai talebani insieme a un collega.
A Kabul, dove era arrivato nel 2008, Colazzo era un agente operativo dell’Aise, i servizi di sicurezza italiani che operano all’estero, anche se ufficialmente era un consigliere diplomatico della presidenza del Consiglio distaccato presso l’ambasciata. In attesa della nomina del nuovo responsabile per la capitale afghana, era lui a guidare l’intelligence a Kabul ed era impegnato in particolare nella controinformazione. Che fosse operativo lo dimostra il fatto che subito dopo l’attacco talebano è stato tra i primi a reagire, a telefonare alla polizia afghana - che ha messo in salvo altri 4 italiani - prima di essere raggiunto dai colpi mortali sparati dai talebani. Nato nel 1962 a Galatina, in provincia di Lecce, Colazzo aveva una casa a Ladispoli, era separato e non aveva figli, ma era molto legato alla sua terra e alla sorella Stefania a cui è stata comunicata per prima la notizia della morte, essendo deceduti entrambi i genitori. All’università Orientale di Napoli aveva imparato varie lingue straniere, tra cui il dari, la lingua persiana dell’Afghanistan parlata soprattutto a Kabul e nell’ovest. E proprio la conoscenza della lingua era stata probabilmente decisiva per ottenere questo delicato incarico. Chi lo ha conosciuto lo descrive come una persona taciturna e di spessore intellettuale.

«Esprimiamo il nostro cordoglio per questo cittadino che abbiamo conosciuto ed apprezzato per le sue qualità umane - ha detto Crescenzo Paliotta, sindaco di Ladispoli -. È terribile apprendere la morte di una persona impegnata per la pace in un luogo così lontano e così difficile».

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