Legge elettorale, Berlusconi: "Non mi farò scavalcare da Casini"

Il Cavaliere resta scettico, ma non vuole lasciare all’Udc il monopolio del dialogo con la maggioranza. Bondi e Cicchitto annunciano il confronto con tutti i partiti

Legge elettorale, Berlusconi: "Non mi farò scavalcare da Casini"

Roma - C’è voluto qualche giorno per metabolizzare il dibattito sulla legge elettorale, ma alla fine Forza Italia decide di superare lo scetticismo iniziale e apre al confronto con maggioranza e governo. Dalla prossima settimana, annunciano in una nota Sandro Bondi e Fabrizio Cicchitto, «chiederemo incontri a tutte le forza politiche rappresentate in Parlamento, al Comitato promotore del referendum» e al ministro competente, il ds Vannino Chiti.
Una svolta, quella azzurra, voluta con forza da Silvio Berlusconi. Il Cavaliere, infatti, pur continuando a non nascondere le sue perplessità su quella che potrebbe essere «solo una trappola» per rafforzare la leadership di Romano Prodi e incrinare gli equilibri interni al centrodestra, è pure deciso a non lasciare alcuno spazio a Pier Ferdinando Casini. Che da tempo si muove sul fronte del dialogo con la maggioranza, soprattutto in chiave riforma elettorale. «Lavorerò affinché ci sia una nuova legge che favorisca l’accorpamento dei moderati. Se si adotta la proporzionale alla tedesca - spiega il leader dell’Udc al settimanale Diva e Donna - la coalizione che ho in mente diventa il vero perno centrista perché, ricordiamolo, in tutta Europa l’alternativa alla sinistra la fa il centro, non certo la destra».
Che Berlusconi e Casini abbiano obiettivi diametralmente opposti, dunque, è fin troppo evidente. Non è un caso che Bondi e Cicchitto pongano alcune condizioni a un’eventuale riforma. Che - spiegano coordinatore e vicecoordinatore di Forza Italia - dovrà confremare «la democrazia dell’alternanza» e favorire «l’aggregazione» delle forze politiche. In una parola, bipolarismo. Altrimenti, è inutile «imbrigliare l’iniziativa referendaria» (non a caso il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa chiede che qualunque modifica avvenga in Parlamento). Così, dopo qualche giorno alla finestra, il Cavaliere decide di sedersi al tavolo e giocare la partita. Perché - confidava ieri ai fedelissimi - «questa volta non mi farò spiazzare dall’Udc in nome dell’unità della coalizione come è già accaduto in passato». Insomma, Berlusconi non pare intenzionato a farsi mettere all’angolo e lasciare a Casini il pallino del dialogo. «Diamo la nostra disponibilità a trattare con tutti, poi saranno i numeri in Parlamento a stabilire se sarò io o sarà Casini il più titolato a confrontarsi con la maggioranza», spiegava ieri ai suoi l’ex premier. Un modo per non rimanere fuori dalla partita, ma pure per seguire da vicino l’evolversi del dibattito sulla riforma elettorale, cercando di tenere ferma la barra sul bipolarismo e vigilando su quelli che Bondi e Cicchitto chiamano «tentativi strumentali per dividere le forze dell’opposizione» e «porre sotto ricatto la stessa maggioranza». Già, perché nonostante tutto, lo scetticismo resta. Lo dice chiaro il capogruppo al Senato Renato Schifani: «Arivare a un accordo con chi non riesce a trovarlo neppure al suo interno è impresa impossibile». Ed è perplesso pure Osvaldo Napoli, per il quale «l’appello di Napolitano non va lasciato cadere» ma il dialogo deve procedere «senza vincoli o ricatti». Ma, aggiunge l’azzurro, «se il buongiorno si vede dal mattino, si annunciano giornate brutte per la riforma della legge elettorale con un solo, possibile, approdo: il referendum». Ed anche secondo Isabella Bertolini «Prodi dice a parole di volere il dialogo ma in realtà è con l’acqua alla gola».
Scetticismo anche in An. Perché - spiega Adolfo Urso - «la strada parlamentare rischia di diventare una trappola, una minaccia al bipolarismo». Insomma, «meglio la via referendaria». E pure Maurizio Gasparri dice che «il partito dell’inciucio non vincerà» perché «è impossibile usare una riforma elettorale per mettere indietro le lancette della storia». Più complessa, invece, la posizione nella Lega. Se il capogruppo alla Camera Roberto Maroni apre al dialogo («siamo interessati, ma niente aiuti al governo» perché «un conto è fare le riforme in Parlamento, un conto è dare l’appoggio esterno»), il coordinatore delle segreterie Roberto Calderoli è convinto che «la strada del confronto non sia percorribile». Dice sì al dialogo, invece, il segretario Dc Gianfranco Rotondi, mentre il segretario del Pri Francesco Nucara spera in una «soluzione parlamentare» sul modello tedesco.


Dal centrosinistra, dopo l’appello di Marina Sereni («nessuno pensa al dialogo come strumento per dividere l’opposizione», spiega il vicepresidente dell’Ulivo alla Camera) arriva la replica di Chiti a Forza Italia. «Sono in attesa - dice in un’intervista sull’Unità di oggi - di avere la loro disponibilità a fissare una data».

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