da Roma
La lunga partita del rinvio alle Camere di Romano Prodi procede ormai su due binari. Il primo, ben noto, è quello che vede i capigruppo di maggioranza e opposizione impegnati con il pallottoliere a tener da conto in vista del voto di Palazzo Madama, il secondo è quello del tavolo sulla legge elettorale che a questo punto lUnione non vede lora di aprire per stabilizzare la tenuta dellesecutivo anche in vista dei prossimi passaggi parlamentari post fiducia (iniziando dallAfghanistan). Così, dopo le ultime 48 ore nelle quali Massimo DAlema ha tessuto le fila del dialogo, Piero Fassino decide di venire allo scoperto. Perché - dice - «questa crisi ci ha consegnato due sfide». «Da un lato - spiega il segretario dei Ds - rilanciare lazione del governo di centrosinistra. E parallelamente è necessario affrontare la riforma del sistema politico, a partire da una nuova legge elettorale». Un dibattito che deve coinvolgere anche lopposizione, per cui «ci sta anche un confronto con lUdc».
Ed è proprio in vista di un dialogo con i centristi di Pier Ferdinando Casini che il ministro degli Esteri, daccordo con i vertici del partito e con il titolare delle Riforme Vannino Chiti, ha aperto al modello tedesco. Un tavolo stabile sulla riforma elettorale, infatti, costituirebbe nei fatti una sorta di paracadute in tutte quelle occasioni in cui la maggioranza rischia di non essere sufficiente al Senato e legittimerebbe lUdc - in nome del bene supremo di una nuova legge elettorale - a correre in soccorso di Prodi.
Un primo via libera, anche nel merito, arriva dal Prc. «Siamo da sempre per il modello tedesco e lo proponiamo da tempo», spiega il capogruppo alla Camera Gennaro Migliore escludendo che ci sia il rischio di un «agguato centrista». Più cauto, invece, il segretario del Pdci Oliviero Diliberto che al Manifesto chiede di «tornare al Tatarellum». Anche secondo i Verdi «non cè alcun bisogno di ricorrere a modelli elettorali stranieri» che «rischiano di portare più danni che benefici al Paese». «In Italia - dice il capogruppo alla Camera Angelo Bonelli - ci sono già sistemi elettorali che funzionano, ossia quelli di regioni, province e comuni. Guardiamo con attenzione soprattutto a questi ultimi». Dice «sì» a una riforma elettorale anche lItalia dei valori, perché - spiega Massimo Donadi - la crisi è «in larga parte la conseguenza di quellassurdo fardello ereditato dalla precedente legislatura». Secondo il capogruppo alla Camera la riforma «dovrà essere frutto di unampia maggioranza oltre i confini di quella attuale». Altolà, invece, dal ministro della Giustizia Clemente Mastella. «LUdeur - fa sapere - monterà la guardia affinché ci sia un legge elettorale di grande equilibrio. Chi volesse fare un legge elettorale di squilibrio, di convenienza per sé, troverà la nostra accentuata ostilità. A quel punto non reggerebbe né il governo né eventuali nuovi maggioranze». Un modo elegante per dire che della riforma lUdeur non sente affatto bisogno.
Dallopposizione arrivano le perplessità di An. «Mi pare», dice Ignazio La Russa, che Chiti «avesse scartato» il modello tedesco. Comunque, aggiunge il capogruppo alla Camera, «lipotesi che ci piace meno è quella che dà ai partiti lo strapotere di infischiarsene delle indicazioni dei cittadini e decidere dopo le elezioni». Contrario anche il senatore di Forza Italia Lucio Malan, perché la proporzionale alla tedesca «porrebbe fine al bipolarismo, sommando i difetti di tutti i sistemi elettorali». Più disponibile la Lega.
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