Alberto Toscano
da Parigi
Siamo sul boulevard de Montparnasse, uno degli assi fondamentali del traffico parigino. Alle 12,30 duecento studenti si siedono sull'asfalto con i loro cartelli «Non au Cpe» e provocano un ingorgo d'auto e bus. Una scena come tante altre, svoltesi ieri a Parigi e in tutta la Francia. La tensione è alle stelle. La gente non ne può più di questo scontro sul «Contratto di prima assunzione» (appunto Cpe in sigla francese), che va avanti da oltre due mesi è che nelle ultime settimane si è inasprito in modo impressionante. «Mantenere la pressione». È questa la parola d'ordine che serpeggia tra i ranghi delle organizzazioni studentesche e sindacali francesi nel momento in cui il presidente della Repubblica Jacques Chirac e il suo governo stanno facendo marcia indietro.
La realtà è molto semplice anche se pochi la dicono apertamente: il Cpe (contratto che dura due anni e che riconosce alle aziende la libertà di licenziamento dei giovani di meno di 26 anni) non vedrà mai la luce. Poco importa che la legge sia stata approvata dal Parlamento il 9 marzo, dichiarata ammissibile dalla Corte costituzionale e firmata dal capo dello Stato. Intimorito dall'ondata delle manifestazioni, Chirac ha deciso di non fare applicare la legge da lui stesso promulgata.
Il ministro del Lavoro, Jean-Louis Borloo, e il Medef, ossia la Confindustria francese, hanno chiesto alle aziende di non assumere nessuno in base al Cpe. I formulari per quelle assunzioni non sono stati neppure distribuiti per cui è praticamente e paradossalmente impossibile applicare la legge, pubblicata l'altroieri dalla Gazzetta Ufficiale. Il partito di governo (l'Union pour un Mouvement populaire, Ump) presenterà in maggio un nuovo disegno di legge d'iniziativa parlamentare e aprirà a questo riguardo consultazioni con i sindacati e con le organizzazioni studentesche. Il meccanismo del grande insabbiamento è ormai in moto. Si tratta solo di capire se i fautori della protesta esigono un ritiro formale della vecchia legge o si accontentano della sua cancellazione di fatto. Fin dove vogliono arrivare i leader studenteschi e sindacali?
Oggi sono loro ad avere la parola. La Francia vive la nuova «grande giornata di lotta anti-Cpe», che sarà molto probabilmente l'ultima della serie. Sono previsti scioperi nei trasporti, nelle scuole e nell'erogazione di gas ed elettricità. Soprattutto sono previsti numerosi cortei nelle principali città. Almeno un milione di persone - forse due e magari anche tre - sfileranno in una miriade di manifestazioni. Si temono incidenti, provocati dai soliti teppisti che colpiscono alla fine dei cortei. Ma il sostanziale cedimento di Chirac alla protesta ha rasserenato gli animi tra i ribelli del movimento contrario al Cpe.
Avvolte le bandiere e gli striscioni delle manifestazioni di oggi, i leaders delle principali confederazioni sindacali cominceranno la trattativa. Non dialogheranno col governo, ma col partito che ha la maggioranza assoluta in Parlamento, ossia con l'Ump. In pratica parleranno con Nicolas Sarkozy nella sua veste di presidente Ump. «Sarko» soppianta così clamorosamente l'ormai declinante primo ministro Dominique de Villepin, che ieri ha cercato di far parlare di sé riunendo il governo per una «riflessione sulla lotta alla disoccupazione». Visto che la bandiera della lotta di Villepin alla disoccupazione era il Cpe, la sua «riflessione» rischia d'avere le gambe corte.
Sembra certo che Sarkozy abbia promesso sottobanco ai suoi futuri interlocutori la cancellazione del Cpe. In cambio vuole il ritorno della calma, circostanza che gli permetterà di presentarsi ai francesi come l'uomo capace di risolvere le situazioni più ingarbugliate. Non bisogna dimenticare che tra un anno si svolgeranno le elezioni presidenziali. I possibili candidati dell'Ump sono due: Villepin e Sarkozy.
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