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Leo gioca con il vecchio Milan "Kakà e Maldini tifano per me"

L'allenatore brasiliano: "Mi hanno incoraggiato, peccato non arrivi anche Ancelotti. La squadra del presidente? Nessun imbarazzo. Lui sa sognare"

Leo gioca con il vecchio Milan 
"Kakà e Maldini tifano per me"

Milanello - Leonardo è un libro aperto, questa volta. Si capisce che gli sudano le mani, specie quando gli ricordano che l’unico a vincere il derby al debutto fu Arrigo Sacchi nel lontanissimo ’87, 22 anni prima addirittura. «Lo affrontiamo con tanta fiducia» è il suo rilievo marginale e anche banale. Si capisce al volo che ha fame di qualche “dritta” giusta sullo schieramento altrui. «Non so come giocherà l’Inter, è imprevedibile, ha tante possibilità, Sneijder non è stato convocato» detta dopo aver svelato d’aver seguito, minuto per minuto, la conferenza di Mourinho in tv. Si capisce che ha bisogno di affetto, se s’impegna nel far sapere d’aver ricevuto la telefonata d’incoraggiamento da parte di Kakà («stella con grande stile»), di aspettare l’arrivo negli spogliatoi di Maldini e di dolersi del mancato tempestivo sbarco di Ancelotti («non ha il volo giusto»). Si capisce, in particolare, che Leo non è tipo da sicurezze assolute, anzi confessa di coltivare molti dubbi, senza però cedere a nessuna incertezza. «Anche ascoltando i giornalisti, io metto in discussione le mie idee» confessa sorvegliando che la battuta non venga scambiata per una clamorosa insicurezza. Gli piace passare per un debuttante qualunque.

Di sicuro, alla vigilia del suo primo derby sulla panchina del Milan, si capisce che Leonardo è preparatissimo sulla domanda più attesa, i suggerimenti di Berlusconi in tema di formazione. Anzi, sull’argomento è un fiume in piena Leonardo, non ha nervi scoperti, non ha tremori da tradire. «Io e il presidente parliamo di tutto. Lo vedo molto presente nella vita del Milan, gliel’ho chiesto io, ed è molto importante per tutti, abbiamo bisogno di uno che sogna. Lui parla di formazione tipo: Dinho ha già giocato in quel ruolo, così come Seedorf e Pato. Di sicuro l’esternazione non procura alcun imbarazzo nè a me, nè ai giocatori che conoscono bene il presidente» la garanzia. Che si poggia su una premessa da tenere bene a mente. «I patti, tra noi, sono molto chiari. Tutti sanno tutto. Io dispongo delle informazioni quotidiane» il chiarimento, premessa indispensabile per vivere senza stress l’impegnativo rapporto col presidente Berlusconi.

Si capisce che Leonardo vorrebbe che finisse come il suo primo da calciatore, 2-2, con due stoccate, Milan raggiunto nel finale da Zanetti. «Mi ero infortunato col Vicenza la settimana prima, sono finito in ospedale per controlli alla testa, non mi sono mai allenato e sono andato in campo lo stesso» il tenero ricordo di una carriera fa. Aggiunto a una sfida che sembra animarlo, cose se volesse finalmente violentare il Dna rossonero tradito fin qui. «Come l’Inter dobbiamo imparare a vincere anche giocando male» azzarda Leo che, forse, nell’occasione non sembra inseguire la dottrina calcistica berlusconiana, vincere e convincere, come accadde al primo Sacchi, come accadde, ne fu anzi un limite, vincere solo giocando meglio del rivale, a Carlo Ancelotti, per esempio.

D’altro canto, Leonardo oltre che un libro aperto, è un sincero ammiratore di Mourinho e della forza straordinaria del gruppo Inter. Per carità, non coltiva rimpianti o rimorsi rispetto alle spese allegre del rivale neroazzurro. «Non è questo il tempo delle richieste, il mercato è chiuso, non ne parliamo più» avverte da aziendalista convinto. «È il momento semmai di aggiungere entusiasmo alle nostre qualità» la sua ricetta che forse tenta di smantellare l’idea che circola ad Appiano e non solo, e cioè della estrema fragilità difensiva milanista concentrata sui due valichi, Zambrotta e Jankulovski per capirsi al volo. «Non credo che sia così» obietta Leonardo. Si capisce alla fine che Leonardo è alla ricerca di qualche sicurezza in più, «ho pensato di poter finire a più 5 dall’Inter ma questa è una maratona» e che le energie profuse nella prima notte a Siena non sono sufficienti. «C’è bisogno di altro» sentenzia Leonardo. Di un Milan super.

Che pensa sempre al bilancio come dimostra l’uscita dalla rosa di Cardacio e Viudez.

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