Leo: «Mourinho ha ragione, Kakà è l’esempio da seguire»

nostro inviato a Milanello

No, non è il caso di attaccar briga con i dirimpettai di Appiano Gentile. Qualche volta Mourinho lo meriterebbe per quelle continue provocazioni verbali che farebbero saltare la mosca al naso persino a Giobbe ma Leonardo è uomo dai nervi saldissimi che non si lascia intrappolare dalle beghe di cortile. «Io guardo a casa mia, con lo Zurigo c’è stata una sconfitta molto pesante, col Real una vittoria molto importante» avverte prima di affrontare invece la polpa dell’intervento di Mourinho, sui giovani di recentissima generazione, Balotelli e Santon per capirsi, tutti dediti alla ricchezza e agli status-symbol, la Ferrari per esempio, piuttosto che a una sana vita da atleta. «Ha ragione Mou» parte da lontano la rincorsa di Leonardo prima di mettere radici dentro un terreno da coltivare. «Negli anni ’70 era peggiore il comportamento di certe stelle, duravano tre anni in tutto» la convinzione di Leonardo che invece fa partire dai tempi di Platini la mutazione genetica.
«Lui e Cruyff sono stati perfetti e infatti sono riusciti a resistere per 15 anni, come succederà adesso a Kakà» il termine di paragone positivo. «Guardate Adriano: a 27 anni gioca nel Flamengo invece che nel club più forte al mondo. Lo stesso dicasi per Ronaldinho: lui è il primo a sapere che se non si comporta in un certo modo non è più Ronaldinho, lo sa lui e lo sanno tutti. Il 90% dei giovani d’oggi si comporterebbero così, come sostiene Mourinho, perché ricevono questo messaggio dalla società» la fine del ragionamento che porta fuori dal seminato di Chievo Verona e del ritorno del Milan agli affanni del campionato dopo il mercoledì da leoni al Bernabeu.
Ma attenti, anche qui Leonardo sembra seccato dall’etichetta di questa squadra capace d’esaltarsi solo quando sente la musichetta, così lazzarona da scegliersi le partite. «Non mi piace questa etichetta, non è così la realtà. La verità è che il calcio praticato in Champions è diverso, molto diverso da quello del nostro torneo, c’è più spazio» la spiegazione didascalica, non fa una piega in verità. «Più che il talento è fondamentale la rabbia» spiega ai suoi che sono anche mal ridotti se si scorre l’elenco interminabile degli indisponibili a vario titolo (Abbiati, Storari, Bonera, Kaladze colpito da un lutto, Oneyew, Abate, Ambrosini per squalifica, Gattuso, Di Gennaro) e si prende nota degli acciacchi (Oddo e Jankulovski) che rendono addirittura indispensabile il ricorso ad Antonini (debutto per lui questa sera).
Si fa presto a dire: serve continuità. Servirebbe anche un portiere vero. Qui Leonardo è inflessibile. «Di Dida tengo tutto, sia i suoi errori, sia le parate decisive. Io gli ho chiesto di velocizzare la ripartenza dell’azione: a Madrid quando fa la parata pensa ad avviare subito l’azione. Gli è scivolata via forse anche per questo» il tentativo, generoso, di prendersi colpe che non gli possono appartenere. La verità è che Dida resta in porta perché Storari è fuori combattimento e Abbiati sulla strada di un lento recupero, di Roma, non si fidano granché. «Un portiere ha bisogno di continuità, e Dida non ha mai giocato e saltato la preparazione per la tallonite», le altre giustificazioni di facciata esibite. Forse per una volta Leonardo e il Milan sono prigionieri di Dida: non ci fosse l’infortunio di Storari, sarebbe rimasto in panchina a meditare. E invece è diventato all’improvviso un altro dei nervi scoperti del Milan.


Insieme al rilancio di Huntelaar, riproposto ancora una volta, dopo le spiegazioni sulle esclusioni con Roma e Real Madrid. «Deve sbloccarsi» prevede il tecnico rossonero. Più che una certezza sembra un timido pronostico.

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