L'eredità di Longhi, tra Strehler e Ronconi

Il direttore artistico del "Piccolo" alla vigilia della sua premiazione

L'eredità di Longhi, tra Strehler e Ronconi
00:00 00:00

Il 30 agosto, Claudio Longhi ritirerà, a Sirolo, il Premio Franco Enriquez, con una motivazione che ben delinea il passaggio dalle direzioni artistiche e organizzative, che facevano capo a Giorgio Strehler, Luca Ronconi, Paolo Grassi e Sergio Escobar, alla direzione artistica di Claudio Longhi e a quella generale di Lanfranco Li Cauli. Nella motivazione si legge il motivo del trapasso: "Per aver dirottato la storia del Piccolo da Teatro di Regia a quella dalla molteplici traiettorie europee e internazionali, verso orizzonti capaci di abbattere ogni forma di frontiera, sempre alla ricerca di nuovi linguaggi che appartengono ai palcoscenici del mondo". Appare chiaro che Claudio Longhi, ben conoscendo ia statura dei due geni che, per oltre settant'anni, sono stati alla guida del Piccolo, non abbia voluto pensare a una risibile competizione e, tanto meno, a una specie di continuità, se non quella che riguarda lo spirito del teatro nato in via Rovello. Degli spettacoli di Strehler sappiamo tutto, eppure, col senno di poi, non si può non constatare che la scelta, come inaugurazione, di "L'albergo dei poveri", nel 1947, con una messinscena di tipo naturalistico, non fosse stata del tutto innovativa in rapporto con quanto era accaduto nel teatro europeo, dopo le rivoluzioni, sia nel campo registico che in quello delle poetiche, con l'affermazione del Surrealismo e dell'Espressionismo.

C'è da dire che, in Italia, si era affermato, nella narrativa e nel cinema, il realismo che era stato trasferito, in teatro, da Visconti. Strehler aveva capito che quella poetica non poteva durare, tanto che scegliendo, come guide: Shakespeare, dal "Gioco dei potenti" a "Re Lear" a "La Tempesta", Goldoni, da "Arlecchino" a "Il Campiello", alle "Baruffe Chiozzotte", Pirandello da "I Giganti della montagna" a "Come tu mi vuoi", il realismo si tinse di metafisica e di una poesia della scena irraggiungibili.

Quando Ronconi arrivò al Piccolo (1998), non dovette partire, come Strehler, da zero, la sua storia di sperimentatore degli spazi scenici era già nota a livello internazionale, pertanto egli continuò il suo modo di ricercare con spettacoli che andarono oltre il teatro: dal "Sogno" di Strindberg, a "Infinities" di Barrow, da "Inventato di sana pianta" di Broch a "Fahrenheit 451" di Bradbury, dal "Professor Bernhardi" di Schinitzler a "Lehman Trilogy" di Massini, solo per citare i più noti, una ricerca che si concluderà soltanto con la morte nel 2015 che, a Milano, fece circolare un dubbio molto realistico, ovvero: come avrebbe potuto una nuova direzione artistica eguagliare tanta grandezza?

Claudio Longhi fu, quasi con forza, traghettato da Bologna, dove era stato nominato direttore artistico, a Milano con la stessa funzione, facendo dubitare in molti. In una solitudine dorata, quella della lunga tradizione del Piccolo, egli pensò a una svolta senza precedenti, orientando i suoi interessi verso le nuove generazioni con molteplici residenze che avrebbero permesso di individuare nuove realtà registiche a cominciare da Liv Ferracchiati per arrivare a Lisa Ferlazzo Natoli, Roberto Latini che venivano a confrontarsi con registi come Latella o Emma Dante.

I suoi cartelloni alternavano i classici con la contemporaneità, si arricchivano di Festival come "Immersioni", ormai alla sesta edizione, che hanno portato, al centro dell'attenzione, Milano con i suoi quartieri, con l'utilizzo di compagnie selezionate.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica