I soliti ignoti , Lo spaccone , La grande guerra , Il sorpasso , Manhattan , Casablanca , Il cacciatore . Ci sono dei film-dei titoli- che si impongono alla memoria con una forza dirompente, e anche se la trama, nel tempo, è destinata a sbiadire, la forza del titolo -e l’emozione che si porta dietro, anche a dispetto della qualità del film in questione- resta immutata. Qualcosa del genere, crediamo, accadrà alla moltitudine di delusi e di gabbati -clienti che avevano pagato merci mai ricevute e dipendenti non pagatiche l’altra sera si sono dati appuntamento a Pognano, nella Bergamasca, davanti ai cancelli del mobilificio «Aiazzone» per saccheggiarlo alla grande.
Tra protagonisti, comprimari, caratteristi e comparse de «La Rivincita » - titolo provvisorio di una storia a metà tra l’autorisarcimento di massa (in gergo giudiziario corrente:furto)e l’esproprio proletario, applaudito a scena aperta da Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista- saranno stati un duecento, quasi tutti dotati di un bel camioncino o di un capace furgone. Degli assaltatori il soggetto, degli scassinatori la sceneggiatura, dei più arditi la regia. La colonna sonora, quando il film verrà girato davvero, non potrà che essere imperniata su quel «Vieni in bici o in carrozzella, ma vieni a Biella, ma vieni a Biella…», evergreen cantata dal compianto Guido Angeli:l’ideologo peronista del Divano al Popolo, l’inimitabile tele imbonitore che nei ruggenti anni Ottanta della Tv commerciale cercò di unificare l’Italia del massello dalle Alpi a Condofuri, «isole comprese », portando al successo il mobilificio biellese fondato da Giorgio Aiazzone.
Il«pubblico»,ovvero chi ha visto all’opera la torma di ladri, l’altra sera, giura che sembrava di assistere alla scena madre, però un po’ fuori stagione, di un film venuto dal passato: da quell’intramontabile commedia all’italiana che ebbe in Mario Monicelli, in Luigi Comencini, in Dino Risi i suoi profeti; e i suoi cantori in Sordi, Gassmann, Tognazzi, Renato Salvatori, Nino Manfredi, e Tiberio Murgia; e poi naturalmente la Claudia, la Gina, la Sofia giù fino ad Ave Ninchi e a Capannelle. Verissima, anche se la parte sembra scritta da un redivivo Ennio Flaiano, in chiave tra comico e grottesco, la surreale, effervescente smarronata di Paolo Ferrero, segretario di un partito che viene anch’esso dal passato, come il genere cinematografico citato, che agli svaligiatori del mobilificio dichiarato fallito da mesi ha espresso la sua «solidarietà». «In questi tempi di crisi-dice Ferrero, facendo spavaldamente apologia di reato, e forse conquistandosi il sacrosanto diritto a una denuncia in tal senso- ci sono truffatori che prendono in giro lavoratori e piccoli risparmiatori ».
E poiché «le leggi vigenti non riescono a tutelare i truffati, che non hanno compiuto alcun reato criminale ma hanno semplicemente cercato di ripristinare la giustizia, il mio partito mette a disposizione i propri legali per aiutare chi si trovasse in difficoltà ». Sicché per Ferrero, come Alberto Sordi in Un borghese piccolo piccolo , da oggi in poi chi ritiene di aver subito una sopraffazione, è titolato a farsi giustizia da sé. Ieri, per la cronaca, l’episodio di venerdì si è ripetuto, ma in chiave minore. L’altra sera, i 200 tra bergamaschi e immigrati erano arrivati perfino coi Tir (alcuni presi a noleggio da noti corrieri, ma con il logo mascherato). Una ressa tale da far pensare a un set cinematografico, appunto.
Fino a quando non sono arrivati degli autentici carabinieri che
ieri,mentre facevano l’inventario del furto e dei danni (i ladri hanno smontato perfino interi settori di impianto elettrico) hanno bloccato un’altra decina di sciacalli,pardon,di«ripristinatori della giustizia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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