Caro Direttore,
un paio di mesi fa, in vista della sospensione di tre mesi poi inflittami dall’Ordine dei giornalisti, ho ceduto volentieri a te il posto di direttore responsabile del Giornale , riservandomi quello di direttore editoriale nella speranza di rendermi ancora utile. Il passaggio è avvenuto in sordina, anche se qualcuno lo ha notato lo stesso. Ora che me ne vado del tutto, mi sembra opportuno spiegare ai lettori perché ho preso simile decisione. Primo. Non lascio per la seconda volta questa gloriosa testata per motivi polemici. Anzi. Sono grato a coloro che mi hanno seguito con entusiasmo, e a te, in particolare, per l’aiuto fondamentale che mi hai dato in sedici mesi di lavoro allo scopo di rilanciare il nostro quotidiano. Secondo. Il problema è che la sanzione disciplinare (a mio avviso ingiusta) mi vieta di esercitare la professione fino al 2 marzo 2011. Che faccio intanto? Poiché desidero non essere un peso per la redazione e per l’azienda, né mi piace stare con le mani in mano, cambio mestiere: mentre sconto la «pena» (il bavaglio) che mi impedisce di scrivere articoli, faccio l’editore. Poiché non posso farlo qui, dato che ce n’è già uno, e molto valido, mi trasferisco a Libero , di dove sono venuto, che mi ha offerto la possibilità di cimentarmi nel ruolo, appunto, di editore (oltre che di direttore editoriale) accanto a Maurizio Belpietro. Sono certo che i lettori e tu comprenderete le ragioni della scelta. Non si tratta di diserzione né di disaffezione verso il Giornale . Semplicemente, nonostante l’età, non amo il riposo: se non lavoro, mi sento morire. Insomma, cari amici, queste dimissioni mi sono state «prescritte» dal medico. La salute è la salute. A te, Alessandro Sallusti, l’augurio di proseguire sulla strada del successo, con il contributo di Gianni Di Giore, amministratore cui bisogna riconoscere il merito di aver sistemato i conti, e non era facile. A tutti i colleghi un abbraccio. E a Paolo Berlusconi un ringraziamento per avermi sopportato con una pazienza degna di Giobbe. Quanto ai lettori, se non ci fossero, non ci sarebbero i giornali e nemmeno i giornalisti. Quindi, teniamoceli buoni e cari. Con una promessa: la battaglia continua.
Caro Direttore,
non conosco il tuo dottore, avrei preferito ti fossi curato con altre
medicine. Ma non giudico e rispetto. Faccio mio il tuo prezioso consiglio sui lettori, ti auguro una pronta guarigione e ti ringrazio di tutto quello che hai fatto per me e per noi.
ASa
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