Cultura e Spettacoli

Letterman, il re dell'ironia che non ha mai "lisciato" i vip

Chiude dopo 32 anni il suo "Show" fatto di intelligenza e comicità. Niente a che vedere col sussiego e il perbenismo di Fazio e Bignardi

Letterman, il re dell'ironia che non ha mai "lisciato" i vip

Mancano tre giorni all'addio televisivo di David Letterman e, per quanto conti, devo fare autocritica. Si sa, una persona diventa improvvisamente irrinunciabile quando se ne va. Lo stesso avviene per un programma tv, persino un talk show. Finché lo abbiamo qui, a disposizione, lo trascuriamo, senza degnarlo di uno sguardo. Poi... Mancano tre giorni al sipario calato sulla striscia più irriverente della storia della televisione. E solo adesso ci accorgiamo di quanto il David Letterman Show fosse divertimento puro, distillato d'intelligenza, condensato anticonvenzionale. Cioè, quanto fosse divertente proprio perché intelligente e anticonformista. Non che non l'avessi frequentato prima. Qualche volta sì, negli anni in cui Daniele Luttazzi, più esplicitamente e prima di altri, si richiamava a quello show trasmesso da RaiSat . Si andava a spiare l'originale...

In questi giorni abbiamo letto e riletto ritratti, interviste, celebrazioni. Tutti a dire e a dimostrare che Dave era uno di famiglia, noi che lo guardavamo tutte le sere... Ma va' là: tutte le sere eravamo presi dalle trame di Santoro, dalle cerimonie di Vespa, dalle ossessioni di Ricci. Dalle beghe di casa nostra. Letterman se ne stava Oltreoceano. Sulla Nbc nei primi dieci anni. Poi, dal 1992, quando Johnny Carson si ritirò e per il Tonight Show fu scelto a sorpresa il più tranquillo Jay Leno, sulla Cbs. Da noi era sul satellite (Rai e Sky) o, in anni più recenti, sulle reti tematiche (Rai5). Una presenza defilata, mediata dai sottotitoli. A seguirlo in questi giorni di conto alla rovescia ci accorgiamo di cosa ci siamo persi. E capiamo perché per i nostri sussiegosi conduttori quel modello resterà fatalmente inarrivabile. Sono parecchi i punti di distanza tra i vari Fabio Fazio, Daria Bignardi, Fabio Volo, e questo comedian di Indianapolis che aveva cominciato inventando originali previsioni del tempo in una tv locale dove, per dire, si complimentava con un temporale quando veniva elevato al rango di ciclone. Fu Johnny Carson ad accorgersi di quella verve goliardica e a scritturarlo come ospite fisso nel Tonight show , il più popolare dei magazine leggeri della tv americana. Aveva sfondato. E la carica sulfurea del comedian , figura a noi ignota, si impose fino a fargli conquistare lo show onomastico.

Trentadue anni di televisione non si archiviano facilmente (ne sa qualcosa Maurizio Costanzo). Un velo di malinconia si sparge sugli ultimi fuochi per i quali coinvolge anche i cameramen di studio che non ne vogliono sapere di salvare la data del 20 maggio. L'altra sera Adam Sandler ha improvvisato una sorta di serenata al «re della comicità e mio miglior amico della tv... Quando te ne andrai, con la spider piena di roba rubata all'azienda, spero che la polizia ti fermi e ti riporti qui e ti costringa per altri trent'anni...».

«Sì, sono inondato dalla malinconia», ha confidato lui in una recente intervista. «Le cose sono due: o lo accetterò da persona adulta e ragionevole. O mi darò al crimine». L'autoironia, dunque. Anche negli infortuni personali nei quali può risultare una manovra spericolata. Come quando, sotto ricatto pubblico, confessò candidamente le relazioni con alcune sue collaboratrici: «Non sapevo che altro fare. Non sono riuscito a inventarmi una bella bugia», ha ammesso.

Sono diversi i punti di distanza dai nostri. Alcuni osservatori ribadiscono che la differenza sta nel fatto che in Italia non esiste uno star system sufficientemente ricco e variegato. Con tutto il rispetto, Isabella Ferrari non è Sharon Stone. E non a caso il solito Fazio ha preso ad allargare gli inviti a divi internazionali (U2, Madonna, McEnroe, Jane Fonda...). C'è del vero. Però... Prendiamo le interviste alle attrici hollywoodiane pubblicate a ripetizione dai nostri settimanali più glamour, le stesse che corrono a sedersi sulla poltroncina del Letterman show . Non è che le leggiamo avidamente. La differenza sta altrove. Nell'intelligenza e nell'ironia, nella sagacia e nell'imprevedibilità con cui Dave le mette sulla graticola. Anche troppo, se si dà retta a Cher, a Madonna, a Oprah Winfrey. Storie complicate, di suscettibilità da mostri sacri, o di rivalità professionali durate decenni. Uno così non sta lì per lisciare il pelo dei big. Il comedian è comico, cabarettista, monologhista leggero (vedi la top ten), intervistatore che non risparmia domande scomode. Il tutto concentrato in cinquanta smaglianti minuti che comprendono le gag con il socio Paul Shaffer e il coinvolgimento del pubblico.

Dicendola in altra maniera: ve lo immaginate Fazio con gli scorrettissimi calzini bianchi indossati da Letterman in tutte le sue apparizioni? O Daria Bignardi con un paio di scarpe da tennis al posto del tacco 12? Letterman ha fatto del prendersi in giro il proprio marchio di fabbrica. È la leggerezza senza sussiego. È lo scarto della classe che rende facili le cose difficili. È l'infrazione dei codici. Fazio e la Bignardi sono la pensosità da copione. La riverenza agli amici. Il consolidamento dei codici: il bon ton, il correttismo, i «ceti medi riflessivi», come diceva Berselli. Pensate a Mattarella ospite di uno dei nostri cerimonieri? Quando qualche giorno fa Obama è tornato da Letterman per omaggiarne l'addio alle scene, tutti hanno riportato la gag sul prossimo ritiro di entrambi e la pensione animata da adrenaliche sfide a domino. Se si rivede quell'intervista, però, si trovano anche le domande un tantino ispide sulla polizia che spara ai neri a Baltimora, sulla permanenza di sacche di povertà in America, sulla crisi economica che ancora non è risolta. Ognuno fa, alla grande, il proprio mestiere. E Obama va da Letterman per un confronto di intelligenza (e di ironia, che ne è la sorella gemella).

Ma se non ce l'hai, difficilmente te la puoi dare.

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