Se avete Sky, vi sarà capitato di vedere il Letterman Show, e saprete che il bersaglio preferito è Bush, al quale viene riservata limpagabile rubrica Great moments in presidential speeches. Il tormentone è questo: prima ascoltiamo una frase memorabile di Roosevelt, poi una di Kennedy (sempre le stesse), infine tocca a Bush, e qualsiasi cosa dica, sia essa seria o faceta, il confronto risulta devastante per luomo della Casa Bianca. Troppo facile? Può darsi, ma non si pensi a una furbata in stile Le Iene, a una lepidezza modello Dandini. La differenza sta tutta nella faccia di Letterman: fingendosi indifferente, si limita a dirigere il traffico dei suoi foglietti. Naturalmente il presidente ne esce sempre come un minus habens: afasico, balbettante, maldestro, anche buffo. Tanto da far impallidire le parodie, come quel film di prossima uscita, American Dreamz, dove un presidente simil-Bush scambia «leffetto Placebo» per una medicina illegale.
Pensi allItalia e ti chiedi perché da noi un Letterman Show non ci sarà mai. Ci provò Luttazzi a imitarlo, ma il tocco risultò greve, lironia incattivita. Anche i migliori, come i Guzzanti, finiscono col far prevalere lanima militante sul senso dello spettacolo, lansia di schierarsi sulla pratica del distacco.
Letterman va giù pesante ma con leggerezza
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