L'Europa boccia la Fed: "Non rispetta le decisioni del G7"

Mancano ormai solo tre giorni al vertice G20 di Seul dei capi di Stato e di governo, e sulla delicatissima questione dei cambi la tensione continua a salire. La Banca Mondiale ha provato ieri a stemperare il nervosismo con la proposta di usare l’oro come elemento di stabilizzazione dei mercati valutari, ma l’idea non sembra essere stata presa neppure in considerazione dai governatori delle banche centrali riuniti a Basilea sotto le insegne della Bri. «Non ne abbiamo discusso in questa sede - ha precisato il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet - Quella del gold standard è un’idea che ogni tanto ritorna».
Allo scarso entusiasmo manifestato dal numero uno dell’istituto di Francoforte, corrisponde l’irritazione del presidente dell’Eurogruppo e premier del Lussemburgo, Jean-Claude Juncker, nei confronti della manovra di quantitative easing con cui, la scorsa settimana, la Federal Reserve ha deciso di acquistare 600 miliardi di dollari di titoli di Stato con l’intento di stimolare la ripresa economica e restituire vigore al mercato del lavoro. Juncker boccia su tutti i fronti la mossa di Bernanke, giudicata «non in linea con gli impegni internazionali assunti nel corso dei lavori preparatori delle riunioni del G7 e G20» e non in grado di far scattare la molla dei consumi Usa. Dunque, l’Europa chiederà «spiegazioni» a Seul. Anche perché la quotazione del dollaro «non è adeguata». Di più: «Così si rischia di esportare inflazione», aggiunge Juncker, secondo il quale con questa decisione gli Stati Uniti cercano «di combattere il debito facendo nuovi debiti». Quanto all’impossibilità dell’Eurogruppo di essere rappresentato al G20, «non è normale. Da anni - spiega Juncker - si ripete che uno degli errori più grandi dall’introduzione dell’euro è stato quello di privilegiare la politica monetaria, e al G20 siede solo il presidente della Bce».
Le critiche espresse da Mister Euro sono peraltro condivise da molti, e non solo in Europa, perché rischiano di portare a un ulteriore deprezzamento del dollaro.

Trichet nega che siano in atto svalutazioni competitive (tra tutti «i governatori c’è la stessa volontà di non seguire politiche di moneta debole»), ma nei giorni scorsi Cina e Germania hanno aspramente contestato gli Usa, accusati di voler scaricare sugli altri Paesi il compito di trainare la ripresa. E il Brasile, cui si deve la definizione di «guerra delle monete», ha detto che si presenterà nella capitale coreana con l’intento di «combattere questa guerra».

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