Lezione in redazione. Ma in cattedra ci salgono i bambini della V B

(...) Sintetico come un grande giornalista, allo scadere del tempo a disposizione, va al sodo. Ha appena ascoltato tutte le domande fatte dai suoi compagni della V^B della scuola elementare Brignole e Sale di via Montezovetto che ieri ha fatto visita alla nostra redazione. E vuole la riprova. Sì, un giornale può essere letto, può dare notizie, può offrire spunti, riflessioni e commenti. Ma può anche fare qualcosa di utile nella vita di tutti i giorni, segnalare le cose che non vanno, fare da tramite con le istituzioni. Tutte cose emerse dal fuoco di fila cui i ragazzi della V^B hanno sottoposto la nostra redazione. Tutte cose appuntate con precisione certosina da Martina e Matilde sul loro notes, riscontrate con il Giornale tra le mani da Maria Cristina, scolpite a suon di domande da Edoardo e Nicoletta. «Ma quanto ci vuole a scrivere un articolo?», «qual è l’orario di lavoro di un giornalista?, «come si fa a diventarlo?». E soprattutto: «Riuscite sempre a farvi dire ciò che volete?». Oppure: «Come fate a capire se chi intervistate dice la verità?». Servono risposte su risposte, a raffica. Stando attenti a non essere sbrigativi, perché sennò arriva subito la domanda più incalzante. Un’ora vola tra ricordi di vecchi e nuovi aneddoti, alcuni anche tratti da quel repertorio di cronacaccia nera che dovrebbero stupire. Eppure non sono mai i bambini a fare ohhh, sono loro che semmai riescono a meravigliare chi li osserva. Non certo la maestra Tiziana Notarnicola che in classe usa i giornali per fare lezioni sempre più concrete, e anche per insegnare ai bambini a farsi una loro idea su tutto. Mai un’idea sola, meno che mai imposta.
E così sembra quasi che nella V^B stia nascendo una redazione agguerrita. Le domande si fanno anche specifiche. «Qual è l’argomento più importante?» e «come si fa a scegliere una notizia?». Prove tecniche di quotidiano, tanto che i bambini quasi sono tristi quando si avvicina l’ora della campanella, che significa lasciare la redazione del Giornale con ancora tante domande in testa. Soprattutto Riccardo, che non ha trovato la risposta che cercava. Per colpa nostra. Ci ha chiesto cos’è un «pesce»? Mentre qualche suo compagno di classe sorrideva, lui era deluso dall’averci preso in castagna. Caro Riccardo, la risposta te la dobbiamo: un «pesce», in gergo giornalistico, è uno degli errori più tipici del linotipista, colui che componeva il testo di un articolo: usando i caratteri di piombo, saltava a pié pari una riga intera, e magari nessuno se ne accorgeva perché la frase, per uno strano gioco del destino, filava ugualmente. Unico particolare, il linotipista nei giornali non c’è più, mandato in pensione dai computer e dai moderni metodi di stampa.

E anche se il «pesce» potrebbe essere ugualmente in agguato nella tastiera, il termine è un po’ meno usato nel nostro gergo. Il «pesce» fa più parte del passato del giornalismo, tu sei il futuro. Noi intanto ci teniamo la figura da tonni.

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