Via libera del Senato all’«ex Cirielli»: pene più severe per mafiosi e recidivi

La nuova norma non si applica ai processi in corso. Il Polo: per la sinistra cade l’alibi della legge ad personam

Claudia Passa

da Roma

Sarà ribattezzata «la legge degli ex». Ex Cirielli, ora anche «ex salva-Previti». La modifica del codice penale che inasprisce le pene per usurai, mafiosi e recidivi, e sottrae alla concessione discrezionale di attenuanti e aggravanti il calcolo della prescrizione, ha superato l’ultimo passaggio in Senato. E da ieri è legge, senza la norma transitoria che ne aveva stabilito l’applicabilità ai processi in corso. Senza, dunque, la disposizione per cui la sinistra aveva legato il progetto di legge al nome del deputato-avvocato azzurro, che proprio per evitare strumentalizzazioni aveva chiesto al presidente del Senato di sospendere l’iter fino alla conclusione delle sue vicende processuali, e che dagli scranni di Montecitorio aveva addirittura invitato il suo partito a presentare un emendamento che concedesse i domiciliari agli ultrasettantenni, «perché nessuno si azzardi anche solo a sospettare che Cesare Previti si sia venduto per poter scontare la possibile condanna agli arresti domiciliari».
Alla quarta lettura parlamentare, dopo diverse modifiche in corso d’opera, il testo sulla recidiva ha avuto dunque il semaforo verde, col voto favorevole di 145 senatori, 104 pareri contrari e un astenuto, al termine di una giornata movimentata. Per sei volte nel corso della mattinata, infatti, vuoi per il maltempo che ha ritardato la partenza di numerosi voli, vuoi perché - ha spiegato Gaetano Pecorella (Fi) - «il martedì mattina è giornata di rientro», a Palazzo Madama è mancato il numero legale. I Ds con Gavino Angius hanno iniziato a parlare di «maggioranza allo sbando», di «esercito in rotta», di «un primo effetto della nuova legge elettorale», ma Renato Schifani (Fi) li ha prontamente rassicurati: «La maggioranza è quanto mai unita». Il ministro Calderoli ha ironizzato («nel Paese è aumentato l’uso di sostanze stupefacenti, ma queste dichiarazioni fanno pensare che siano entrate anche nel Palazzo»), mentre il sottosegretario alla Giustizia Luigi Vitali assicurava: «Al Senato il numero legale manca spesso. Entro oggi il provvedimento sarà approvato».
Così è stato. D’ora in poi, dunque, chi torna a delinquere vedrà inasprirsi la pena, come pure mafiosi e usurai; gli ultrasettantenni (se non recidivi) potranno scontare la pena ai domiciliari; in caso di sospensione del processo «per impedimento delle parti e dei difensori», la nuova udienza dovrà essere fissata entro 60 giorni dalla «prevedibile cessazione» dell’impedimento stesso. E, soprattutto, i tempi di prescrizione saranno svincolati dalla concessione discrezionale di attenuanti e aggravanti (i reati puniti con l’ergastolo restano imprescrittibili), perché «l’obiettivo - spiega Giuseppe Gargani (Fi) - è quello di evitare che sia sempre il magistrato a dover decidere sulla prescrizione».
Una legge «equilibrata» per Domenico Nania (An), un «passo importante di civiltà giuridica» per il compagno di partito Enzo Fragalà. Scontate le critiche dell’Anm («l’ennesima brutta legge»), e mentre i penalisti minacciano di ricorrere alla Consulta, il vicepresidente del Csm Virginio Rognoni ha ricordato le «critiche severe» espresse «per due volte» dal suo organismo. Marco Pannella ha attribuito ad An «un rigurgito missino, vecchio e odioso verso i recidivi». Gli risponde Ignazio La Russa: «L’unico rigurgito in questa vicenda - dice - è quello di chi anziché studiare bene la legge preferisce l’invettiva ingiustificata».

Il guardasigilli Roberto Castelli, salutando favorevolmente l’approvazione della legge ha chiesto a governo e Parlamento di non lasciarlo «solo», perché «se si segue la via, che condivido, di andare verso una maggiore severità, la conseguenza è che aumentano i detenuti».

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