Liguria, i destini azzurri legati al boom dell’ultrasinistra

Riservati e schivi, i liguri, ma quanto disturbano. A ogni elezione l’incognita passa da lì. Nel 2000, per dirne una, la Liguria costò la testa a Massimo D’Alema, che si dimise da premier proprio perché la Liguria alle regionali improvvisamente decise di virare a destra. Adesso, quel milione di elettori è determinante per l’attribuzione dei seggi al Senato, che sono otto in tutto. Cinque dovrebbero andare al Pdl, due al Pd, uno alla Sinistra arcobaleno. Solo che in Liguria la distanza fra Pdl e Pd si attesta su un risicato e quindi rischioso due per cento, a favore del centrosinistra.
Se il Pdl non vincesse, perderebbe tre seggi di premio di maggioranza, abbassando la maggioranza del Pdl al Senato dalla soglia di sicurezza dei 167 seggi, necessari per governare, a quota 164, solo sei seggi sopra la soglia critica di 158.

Così, paradosso dei paradossi, a Berlusconi non resta che sperare che la Sinistra arcobaleno in Liguria vada ben oltre la soglia di sbarramento dell’8 per cento, strappando voti al Pd, là dove invece l’Unione di centro, Udc più Rosa bianca, ha scarse probabilità di farcela.

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