Liguria, l’ombra di Gomorra fino a Ventimiglia

Un altro comune del Ponente rischia lo scioglimento. Una relazione dei carabinieri denuncia infiltrazioni criminali. Il prefetto di Imperia: "Tutto da valutare". Dopo lo scioglimento di Bordighera e l’arresto del presidente del tribunale di Imperia ora è allarme

Liguria, l’ombra di Gomorra fino a Ventimiglia

Genova - E pensare che fino a qualche tempo fa, la Riviera del Ponente Ligure era conosciuta per essere un posto tranquillo, un luogo di villeggiatura che gli anziani sceglievano per passare l’inverno e dove le questioni politiche e cittadine che tenevano banco vertevano sull’opportunità o meno di rifare la passeggiata a mare. Beghe di paese, o poco più. Nulla che meritasse di uscire dalle cronache dei giornali locali. Invece. Invece ora succede che da un paio di mesi a questa parte pare che il Ponente sia diventato la «Gomorra della Liguria», il posto dove mafia e ’ndrangheta ha messo radici e creato una rete che si è infiltrata nelle maglie della politica, della giustizia e della vita pubblica.

L’ultima notizia arriva proprio da Ventimiglia, la città di confine amministrata dal sindaco di centrodestra Gaetano Scullino che, dopo l’emergenza immigrati, ora si ritrova un’altra gatta da pelare. Ieri il Secolo XIX ha scritto che i carabinieri avrebbero pronta una richiesta per chiedere lo scioglimento del consiglio comunale da presentare al prefetto di Imperia, Francesco Di Menna per infiltrazioni mafiose. Una vicenda che risale a più di due anni fa, che l’estate scorsa ha portato all’arresto di 300 presunti affiliati alla ’ndrangheta e che ha fatto emergere tra gli altri anche il nome dell’ex vicesindaco Vincenzo Moio, record di preferenze e defenestrato da Scullino in seguito a un duro scontro, definito nelle intercettazioni un «affiliato» appoggiato dalle cosche per candidare la figlia alle regionali liguri del 2010. Poi a novembre 2010, l’arrivo a palazzo comunale della Direzione distrettuale dell’antimafia che ne esce con un plico di documenti su appalti e assunzioni sospette. E, anche se il prefetto di Imperia ha dichiarato che «non c’è alcuna richiesta di scioglimento del consiglio comunale di Ventimiglia» e il quotidiano ligure ha difeso la propria notizia precisando che si tratta di una richiesta che verrà «formalmente presentata dai carabinieri al prefetto entro pochissimi giorni», resta comunque uno scenario preoccupante.

Al di là del fatto che lo scioglimento del Comune di Ventimiglia si verifichi davvero oppure no, preoccupano la vicinanza degli episodi, la successione temporale rapidissima che ha investito, o meglio, travolto il Ponente Ligure. Che soltanto tre giorni fa è di nuovo finito sulle prime pagine dei quotidiani per l’arresto del presidente del Tribunale di Imperia, Gianfranco Boccalatte con l’accusa di corruzione in atti giudiziari e millantato credito. Pesantissime le imputazioni: il magistrato, ora ai domiciliari nella sua casa di montagna a Limone Piemonte, è sospettato di aver favorito esponenti della malavita nell’applicazione della sorveglianza speciale e di aver concesso arresti domiciliari in cambio di denaro.

Come nel caso di Ventimiglia, per la Riviera è stato un altro scossone. Mai ci si sarebbe aspettato che la malavita si fosse riuscita a infiltrare anche negli uffici di chi in teoria ha il compito di coordinare i giudici di un Palazzo di Giustizia. Mai ci si sarebbe aspetto che dopo il caso Bordighera, un altro comune del Ponente potesse essere toccato dalle mafie e dalla ’ndrangheta. Bordighera, appunto. Il primo caso in Liguria di una pubblica amministrazione che è stata sciolta per infiltrazioni mafiose, la seconda nel Nord Italia dopo Bardonecchia. Per il Comune, un tranquillo e verdeggiante paese di circa diecimila abitanti a due passi dal confine francese, guidato da una coalizione di centrodestra fu uno choc. «Preferisco non rilasciare dichiarazioni, prima devo capire», aveva dichiarato a caldo il sindaco Gianni Bosio del Pdl. La richiesta di scioglimento avanzata dai carabinieri e disposta dal governo su proposta del ministro dell’Interno Maroni, risaliva all’estate scorsa al termine di un’inchiesta nella quale si ipotizzava un collegamento tra alcuni politici e la malavita organizzata. Dalle indagini erano emerse pressioni sul sindaco e su alcuni assessori per ottenere l’apertura di una sala giochi. La vicenda portò all’arresto di otto imprenditori, membri di alcune famiglie di origine calabrese «contingue» alla ’ndrangheta.

L’ipotesi investigativa parlava di politici eletti con voto di scambio e il Comune si sciolse. Era il 10 marzo 2011: pochi allora si sarebbero immaginati che nel giro di due mesi la Riviera di Ponente si scoprisse una piccola «Gomorra».

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