L'inchiesta sulla "nuova P2",Verdini si difende: fiume di fango, loggia segreta? non sapevo nulla

Lo sfogo del coordinatore Pdl indagato: "Altro che P2 o P3. È roba da P38, da spararsi. Carboni? Me lo presentò Dell’Utri. In passato è stato anche in società con Caracciolo". L'amarezza di Caldoro: "Distrutto". La toga che nell'82 ritirò i passaporti ai campioni azzurri

«Altro che P2 o P3. Questa è roba da P38, da spararsi in testa per quanto è folle...». Prime ore del mattino. Sussurro di Denis Verdini. La consegna al silenzio, nel rispetto del lavoro dell’autorità giudiziaria che sta investigando da mesi su di lui, il coordinatore del Pdl la mantiene fin che può. Dopodiché, nel primo pomeriggio, si affida a una nota per dire di trovarsi «in mezzo a uno tsunami mediatico-giudiziario di violenza inaudita, senza nessuna possibilità di potermi difendere da una serie di ricostruzioni che definire fantasiose costituisce un eufemismo». Trattasi, a detta di Verdini, di un «fiume di fango» che ora straripa con la notizia del suo essere indagato in quanto membro di un’associazione segreta «di cui non sono mai stato a conoscenza e di cui, conseguentemente, non ho mai fatto, né faccio, parte». E ancora: «Mi sono state portate una o due volte a casa mia, e non otto, tutte insieme le tre persone arrestate, e in quelle occasioni non si è mai parlato del lodo Alfano, di pressioni sul Csm o sulla Cassazione». Decine di testimoni pronti a confermarlo. «Che li convocassero» sbotta. Quanto alla sua banca Verdini se la prende «con quei quotidiani che continuano a parlare d un fiume illecito di denaro (chi 8 milioni di euro, chi 4). Notizia smentita più volte da me e dalla banca stessa. Peraltro, la stessa ordinanza del gip di Roma conferma che sono stati fatti regolari versamenti con assegni circolari in più rate per complessivi 800mila euro, che servivano alla ricapitalizzazione della società che edita il Giornale della Toscana. Un’operazione trasparente».
Questo il comunicato ufficiale. Quello che segue è lo sfogo affidato ai colleghi di partito e ai suoi più stretti collaboratori Si parte proprio da Carboni, che Verdini ha ricordato essergli stato presentato da Dell’Utri e che successivamente ha partecipato a un aumento di capitale del «suo» Giornale della Toscana per un 30 per cento. Una vecchia passione, questa di Carboni per l’editoria. «Assolutamente lecita», avrebbe ricordato Verdini ai colleghi rammentando i rapporti societari del faccendiere sardo col Caracciolo di Repubblica. «I giornali, si sa, non navigano in buone acque». Ben venga, dunque, chi investe. Ovviamente, avendo questo tipo di rapporto, e avendo Carboni fatto presente di aver dato una mano nella campagna elettorale di Cappellacci, quest’ultimo avrebbe chiesto a Verdini ciò che in precedenza aveva chiesto a tantissime altre persone: una mano per la nomina dell’assessore Farris. «Cosa che non ho avuto difficoltà a fare», taglia corto Verdini. Ma che nulla avrebbe a che vedere con le dietrologie degli inquirenti. Quanto agli altri incontri politici, sempre affollati, dunque poco occulti, mai si è tramato per un lodo o per una nomina. «Ecco perché quando sul giornale ho letto le intercettazioni di quei due, Totò e Peppino, beh, devo confessarvi che sono rimasto di stucco». In una occasione addirittura Lombardi e Martino si sarebbero presentati al partito per omaggiare Verdini di uno stock di cravatte di Marinella. Un regalo da «vecchi amici», gente che Verdini però conosce a malapena tanto da scomodare Dell’Utri al telefono. «Marcello, scusa, ma questi ci fanno o ci sono? Son due cretini». Un altro incontro sollecitato da Carboni in realtà nasconderebbe la raccomandazione del faccendiere a far ricevere da Verdini una delegazione Pdl della Romagna in cerca di visibilità. Quanto all’incontro sull’eolico con Cappellacci, Carboni e Dell’Utri, Verdini l’avrebbe spiegato così: è vero, Carboni chiedeva una mano sul progetto eolico in Sardegna ma da subito noi sapevamo che non se ne poteva fare niente perché Cappellacci aveva detto no, che non se ne parlava, che c’erano nuove regole e non valevano più le vecchie della legge Soru fatta su misura per permettere un investimento alla società di De Benedetti, la Sorgenia, ai tempi in cui (2008) proprio Carboni si muoveva per l’eolico. Ecco perché non regge la storia che Carboni paga una tangente a Verdini (il finanziamento al Giornale della Toscana) senza ottenere nulla in cambio. Poi c’è la vicenda Caldoro e il dossieraggio sui trans. Anche questo è un argomento che Verdini fa sapere di conoscere bene, ma non per come la racconta il gip. Stando a quanto riferito a due deputati del Pdl, quando si pone il problema della richiesta d’arresto per Cosentino, Berlusconi avrebbe iniziato a valutare l’ipotesi Caldoro. Contestualmente, però, non da Totò e Peppino, ma da ambienti del partito campano, sarebbe arrivata sulla scrivania di Verdini una nota su fantomatiche abitudini «marrazziane» di Caldoro. Di quel pezzo di carta giunge notizia a Berlusconi che incarica Verdini di parlarne con Caldoro. Cosa che avviene, con la consegna dello scritto. Tempo qualche giorno e su alcuni blog campani compare quella stessa roba. Caldoro finalmente si muove, e fa oscurare i siti. «Da allora non ne ho saputo più nulla» chiosa Verdini.

Fino a che, ieri, sui giornali il coordinatore del Pdl scopre che dietro al complotto per screditare Caldoro ci sarebbe l’assessore Sica, in rapporti con Totò (Lombardi) e Peppino (Martino). «L’unica cosa che ricordo, cari amici, è che Sica era uno di quelli che aspirava ad essere candidato governatore del Pdl in Campania». Altro che nuova P2. Vecchi trucchi, soliti ricatti.

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