L'intervista Davide Mascalzoni (Giv)

Fare rete, guardando al mercato estero e facendosi carico di ogni tappa della filiera dalla vendemmia alla distribuzione. È la ricetta del Gruppo italiano vini, una tra le più importanti aziende del nostro Paese in campo vinicolo e che con 368 milioni di ricavi 2011 è la punta di diamante di un settore vincente soprattutto sui mercati esteri. Ma Giv è anche un modello di net economy di successo: sotto la sua sigla riunisce 15 cantine territorialmente distanti (si passa dalla siciliana Rapitalà alla veneta Bolla) ma in grado di collaborare in quasi tutti i settori. Davide Mascalzoni ne è il direttore generale.
Il modello di net economy in campo enologico sembra funzionare.
«È così, anche se apparentemente è complicato: 15 cantine significa replicare 15 volte tutta una serie di operazioni, e questo ha un costo. Ma ci offre il vantaggio di essere sul territorio, controllando il lavoro e ci regala credibilità in Italia e all'estero».
Dove nel 2011 le vendite hanno fatto registrare un 12% in più rispetto al 2010. Oggi la parola magica è export...
«Noi partiamo da una posizione di vantaggio: il 70% di ciò che Giv produce è sempre uscito dal Paese. Ma l'export oggi è un'opportunità per tutti e nel 2011 ben 24 milioni di ettolitri sono andati fuori mentre pochi meno sono rimasti in Italia. È stato l'anno del sorpasso: di misura, ma significativo».
Altra parola magica è Cina.
«È un mercato importante ma è presto per dire se sia la nuova Mecca. Quando non ci si occupa anche della distribuzione è difficile capire dove va a finire il vino che vendi, per questo abbiamo aperto un ufficio a Shanghai».
Altri mercati emergenti?
«La Russia, e il Brasile. E poi gli Usa, il primo Paese al mondo consumatore di vini. La società che abbiamo acquistato nel '93 oggi fa piu di 100 milioni di dollari di fatturato».
Però nel frattempo oltre che l'export aumenta anche la competizione sui mercati esteri...


«Si sono affacciati sul mercato competitor nuovi come gli australiani e i sudafricani ma il vecchio mondo, con l'Italia e la Francia, rimane forte. La nostra cultura gastronomica ci apre la strada, tirandosi dietro pure i nostri vini».

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