Eccolo: lo si vedeva già da lontano ma ora il profumo del suo sigaro è acre, e chiudendo gli occhi lo potete sentire, riporta ai giorni di Berlino, a quel toscano fumato in mezzo al campo, ai giorni del «vogliamoci tanto bene e abbracciamoci tutti». Ecco Marcello Lippi, dopo il fallimento europeo da ieri non è più un ex ct della nazionale, da ieri è ufficialmente «felice e motivatissimo», da ieri (ma no, da mesi ormai) è pronto a quella nuova sfida mondiale che il suo sorriso, le sue mezze parole, i suoi occhi lasciavano intravedere nellombra di Donadoni. Il tecnico triste che la federazione ha liquidato con la solita pacca sulla spalla esprimendogli - massì - «grande stima umana e professionale» e ci mancherebbe, soprattutto per uno che ha vissuto per mesi con il cecchino alla porta accanto. Sportivamente parlando, sintende.
Tutti sapevano dunque, probabilmente anche lui, Marcello Lippi che - spento il sigaro della notte mondiale - aveva detto che lui no, «in nazionale non tornerò mai più» (settembre 2006). Mentiva, sicuramente a se stesso, eppure ricordate: parlava di ricominciare «e ripartirei dalla Spagna» (ottobre 2006) e poi che il suo inglese era migliorato «e non escludo la Premier league» (novembre 2006). Eppure, Marcello sapeva, non sarebbe stato possibile andare a fare il ct di unaltra nazionale («però potrei anche farlo, perché no?», dicembre 2006) e neppure escludere, affermare «mai più in Italia» (sempre dicembre). Erano parole, solo parole, perché in fondo quellazzurro era rimasto addosso, sulla pelle. E, per intenderci, non era quello del Napoli («Mi piacerebbe, però», aprile 2007), seppure in fondo cera sempre quella voglia di Juve, «ma non posso rispondere su questo» (sempre aprile). Insomma, «tornerò» (giugno 2007), e Donadoni un giorno aveva finalmente capito. «Tornerò», come una minestra riscaldata ma buonissima, anche se Abete - la federazione insomma - ha fatto di tutto per nascondere la verità con quel grottesco balletto sul rinnovo del contratto di chi lo aveva rimpiazzato.
No, quel posto era di Marcello Lippi, «il primo che mi chiama mi avrà» diceva (luglio 2007) guardando verso Roma, rincarando poi con un «sono pronto, sto per tornare» (ottobre 2007) che pendeva ormai inequivocabile sulla testa del suo successore.
Marco Lombardo
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