Lippi qualifica gli azzurri ma si cerca già l’erede In pole position c’è Zola

Sembrano tutti feriti al petto dai giudizi feroci raccolti dalla Nazionale dopo il miracoloso pareggio di Dublino. «Trap dice che io ho la seta a disposizione e lui il cotone. Quella seta anche lui l’ha avuta e per 4 anni...» la stoccata del viareggino riferita al deludente curriculum azzurro dell’attuale Ct d’Irlanda. «Da troppe parti ho letto che l’Italia di Lippi avrebbe fatto il minimo qualificandosi per il mondiale e invece io dico che la Nazionale ha fatto il massimo chiudendo al primo posto e con un turno di anticipo» l’obiezione fondata di Gianni Petrucci, presidente del Coni. «Lo scarso entusiasmo intorno alla Nazionale ha una sola spiegazione: siamo abituati troppo bene, dall’Italia si attende sempre il massimo» è la chiave di lettura di Giancarlo Abete, anche lui sorpreso dai toni soft procurati dal piattone di Gilardino che tante complicazioni ha evitato ai suoi. Chissà, se a margine dell’incontro di ieri pomeriggio a Montalto di Castro per il premio Ciotti, il presidente federale ha confessato in modo trasparente al suo amico Petrucci il vero cruccio che da qualche ora lo sta tormentando. Tra i due c’è un rapporto franco oltre che cordiale. Fu proprio a Petrucci, in occasione di un altro premio, che Abete confessò di aver bloccato Lippi per il ritorno alla guida della Nazionale al posto di Donadoni.
Questa volta il tormento del presidente federale è costituito dalla decisione di Marcello Lippi di lasciare il club Italia dopo il mondiale in Sud Africa. Nessuna disponibilità a ridiscutere del contratto, appuntamento molto formale a mondiale chiuso, per evitare la bagarre mediatica. Il Ct ha altri progetti: ha promesso al vertice della Juve di tornare a lavorare per il club bianconero, al fianco di Ciro Ferrara e di Blanc. Mezze risposte, mezzi silenzi, mezze conferme hanno maturato il convincimento tra i federali che da settembre del 2010 ci sarà bisogno di un altro Ct. E per evitare di restare spiazzati, come accadde al ritorno da Berlino nel 2006 (all’epoca Demetrio Albertini puntò su Donadoni poiché il commissario Guido Rossi non se la sentì di chiedere al Milan, che sarebbe finito sotto processo per calciopoli, di “liberare” Ancelotti), da ieri è cominciata la caccia all’erede.
Le caratteristiche del prossimo allenatore della Nazionale sono sempre le stesse: massimo appeal e minima spesa. Gli stipendi, in via Allegri a Roma, non sono granché né possono fare concorrenza alle cifre pagate dai club. Lo sa proprio Lippi che ha dovuto ridimensionare le pretese pur di sedersi su quella panchina con cui ha ottenuto il titolo iridato. Di qui la necessità di muoversi in anticipo per evitare che probabili candidati si leghino a qualche club con intese di durata pluriennale. Il primo della lista preparata da Abete è Carlo Ancelotti: a Londra ha stregato gli inglesi dopo aver guidato il Milan di Berlusconi agli ultimi trionfi euro-mondiali. Ancelotti ha lavorato già per il club Italia, come assistente principale di Arrigo Sacchi, e conosce alla perfezione la macchina organizzativa. Non solo. Di recente non ha fatto mistero della sua dichiarata ambizione: allenare proprio la Nazionale. «Prima o poi accadrà» ha ripetuto ai suoi amici. La difficoltà insuperabile è costituita dal contratto di Carletto con il Chelsea: prevede un impegno triennale. C’è un solo modo per scoprire se esistono margini di manovra con Abramovic: chiedere lumi al diretto interessato. Ancelotti è in buona compagnia. Sullo stesso rigo della nota privatissima di Abete c’è anche Luciano Spalletti, protagonista del negoziato (durata 3 anni) con i russi dello Zenit. A sorpresa, subito dopo, c’è Gianfranco Zola, attualmente a Londra, allenatore del West Ham, con un passato di tecnico federale (ha collaborato con Casiraghi nell’under 21). Il tamburino sardo può liberarsi a giugno e accontentarsi di uno stipendio che rientra nel budget federale, 1,5 milioni al lordo delle tasse. Perciò da ultimo, Zola può diventare il primo della lista.
Al ritorno da Dublino, oltre che mettere in riga il Trap, Lippi ha parlato chiaro ai suoi. «Se vogliamo rivincere il mondiale, dobbiamo cambiare passo.

Non sarà sufficiente piegare le nazionali fin qui affrontate» il suo predicozzo. Chiuso da un piccolo spiraglio per la lista dei 23. «Questo gruppo ha le qualità necessarie ma non è detto che non possa esserci qualche inserimento». Ma Cassano non c’entra.

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