Laura Cesaretti
da Roma
Il caso Sicilia fa arrabbiare Rutelli e divide il listone ulivista. Di certo, nellisola lasse Ds-Margherita si è spezzato prima ancora di iniziare a funzionare, e la Quercia di Fassino ha «tradito i patti», secondo i Dl, e appoggiato «il candidato di Rifondazione anzichè il nostro», Rita Borsellino anzichè Ferdinando Latteri.
Così, ieri Francesco Rutelli ha platealmente disertato il vertice dellUnione convocato da Romano Prodi per discutere di programma e di alleanze, e ha fatto trapelare che la ragione della sua assenza era proprio quel «brutto segnale politico» arrivato dalla Sicilia, che - dicono i suoi - «non promette nulla di buono per il futuro della lista unitaria». Irritato con Piero Fassino, responsabile del «voltafaccia» diessino, ma irritato anche con Romano Prodi che «non ha esercitato la sua leadership, adoperandosi per evitare questa rottura».
In casa diessina si butta acqua sul fuoco: «Passerà, non ci saranno ripercussioni nazionali», dicono i fassiniani. Il segretario della Quercia, peraltro, al vertice di ieri ha fatto solo capolino per dieci minuti, giusto il tempo di salutare i presenti e prendere atto delle assenze (mancavano anche Bertinotti, Boselli e Diliberto, praticamente l80% dei segretari dellUnione), per poi correre al Teatro Valle ad una manifestazione contro i tagli alla cultura. Se la linea ufficiale è di non rispondere alle polemiche della Margherita, i commenti ufficiosi degli esponenti ds sono tuttaltro che concilianti: «Ma che vogliono i Dl? Millantano di essere il primo partito della Sicilia, mentre noi abbiamo 50mila voti in più. Lamentano una scarsa visibilità quando hanno il sindaco di Caltanissetta, quello di Enna, quello di Ragusa, il candidato di Messina e quello di Palermo: che vogliono di più? E poi noi ci siamo già bruciati una volta in Puglia, per correre dietro alla Margherita: ora basta».
Il precedente evocato è quello del primo esperimento di primarie, quando la Quercia appoggiò il candidato Dl Francesco Boccia e invece vinse clamorosamente il rifondarolo movimentista Nichi Vendola. Stavolta i ds si sono buttati per tempo sulla candidata «movimentista» scelta dalla sinistra dellUnione. Anche se a parere della Margherita la Borsellino ha scarse possibilità di farcela: «Ma la Sicilia è come Milano, un caso dove comunque è difficilissimo vincere», scuotono la testa i diessini. E Milano non è citata a caso: nel centrosinistra più duno ha avanzato in queste ore il timore che le primarie le vinca non il prefetto Ferrante, appoggiato dallUlivo, ma il popolarissimo Dario Fo. «Sarebbe proprio da ridere...», sospirano (senza ridere) al Botteghino. Tantè che al vertice di ieri il rappresentante della Margherita, Dario Franceschini, ha posto il problema di come usare le primarie: «Non possiamo continuare ad improvvisare a seconda dei casi, bisogna stabilire delle regole per farle».
Lunico punto daccordo trovato al vertice di ieri è stato il programma. Non sul merito, ovviamente, ma sul metodo: per Natale verrà sfornata la prima bozza, che poi sarà esaminata dalle «assemblee regionali dellUnione» e a gennaio approderà alla Conferenza programmatica che dovrà vararlo. Tensioni ed ennesimo rinvio invece sul caso radicali: Mastella ha reiterato il suo no: «Non mi siedo allo stesso tavolo di Pannella». Perplessità anche da Franceschini: «Non è possibile che un partito, lo Sdi, decida in solitudine lallargamento della coalizione ad altre forze».
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