Quella per i totalitarismi devessere la passione dominante della famiglia Littell, trasmessa di padre in figlio. Persino Freud non mancherebbe di dire la sua a proposito, e inoltre è proprio difficile stabilire chi tra i due scrittori, Robert padre e Jonathan figlio, sia il migliore a tenere il lettore incollato alla pagina. Pare, comunque, che Jonathan guadagni di più. Tutto, poi, è complicato dal fatto che oggi Robert sbarca nelle librerie italiane con un romanzo «quasi perfetto», come ha dichiarato gran parte della critica americana, che per Lepigramma di Stalin (Fanucci, pagg. 336, euro 17) ha gridato al miracolo, tanto quanto aveva stroncato senza pietà Le benevole di Jonathan. Ma vediamo i dettagli di questo testa a testa poco edipico e molto letterario.
Nel 2006 il trentanovenne Jonathan Littell, ex funzionario di unorganizzazione non governativa per la quale aveva passato sette anni tra Cecenia, Afghanistan, Congo e Balcani, diede alle stampe un romanzo di mille pagine, Le benevole. La situazione partiva già abbastanza anomala: sebbene la lingua madre dello sconosciuto autore fosse linglese, il libro era stato scritto in francese, e la fredda, prolissa, minuziosa ricostruzione della psicologia dellimmaginario ufficiale delle SS Maximilian Aue non lo rendeva certo un candidato ideale per la classifica. Ma tantè, il romanzo vendette in pochi mesi 700mila copie, conquistò il premio Goncourt, scatenò un dibattito internazionale, ricevette un anticipo di un milione di dollari dalla HarperCollins di Rupert Murdoch per poi venire stroncato dal Wall Street Journal dello stesso Murdoch. Ma soprattutto, Le benevole - il cui intento di fondo era raccontare la «ricchezza interiore» di qualcuno che nondimeno deve rimanere per tutti un nemico - incuriosì migliaia di lettori, che si chiesero: chi è questo Jonathan Littell capace di raccontare la psiche di un nazista?
Semplice. Jonathan è il figlio dellautore di best-seller Robert Littell, ebreo russo nato a Brooklyn nel 1935, già soldato della U.S. Navy , analista della Guerra fredda e firma di punta di Newsweek, da cui si dimise nel 1970 per andarsene con moglie e figli piccoli a «fare lo scrittore» in Francia. All'inizio fu dura, ma tre anni dopo il suo primo romanzo venne acquistato per 3mila dollari dalla Houghton Mifflin e ben recensito dalla stampa americana. Seguirono così altri 14 best seller, tra cui il celebre The company, vendutissimo docu-fiction sulla Cia. E poi è arrivato Lepigramma di Stalin.
Non grideremo al capolavoro ma, per essere un romanzo scritto da un autore di spy-stories, rivela una sensibilità letteraria tale da destare stupore. Protagonista è nientemeno che il poeta russo Osip Mandelstam (uno dei più grandi del secolo scorso). Sposato a Nadezna, a cui dobbiamo la sopravvivenza concreta delle sue poesie e il memoir Lepoca e i lupi, Mandelstam non era un poeta politicamente impegnato. Anche sotto lo stalinismo, che allepoca era ferocissimo, le sue manie erano altre: «Viveva -scrive Robert Littell - con terrore di essere abbandonato, un giorno, dalla sua musa e dalla sua erezione. Non si chiedeva mai due volte da dove sarebbe arrivato il prossimo rublo. Temeva follemente di rimanere senza sigarette nel cuore della notte». Insomma, era un artista precipitato allinterno di un sistema totalitario che all'inizio egli stesso percepiva, ingenuamente, soltanto come una farsa ottusa e bestiale.
Un giorno Mandelstam, quasi per gioco scrive una poesia in cui prende in giro «il montanaro del Cremlino», cioè Stalin, «lassassino che fa strage di contadini» con «le dita grasse come una larva», i «baffi da scarafaggio», e con intorno «una marmaglia di capi dal collo sottile». Il tono è questo per tutta la breve poesia, che, ovviamente, finisce in mano a chi non dovrebbe, dando inizio al calvario del poeta tra carceri e gulag. Robert Littell racconta tutto questo attraverso le voci dei protagonisti: Osip stesso, sua moglie Nadezna, la sua amante Zinaida, altri poeti dellepoca come la Achmatova e Pasternak.
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