La lobby che da 13 anni controlla la Capitale

da Roma

Avete idea di quanti soldi ballino intorno al piano regolatore di una città come Roma? Trenta miliardi d’euro a dir poco, cioè sessantamila miliardi di vecchie lire, l’ammontare di un’intera finanziaria. È un mare di soldi, sul quale galleggia la piattaforma petrolifera della premiata ditta Veltroni & Rutelli. Un mare irrobustito dal fiume di spesa del bilancio comunale, quattro miliardi e mezzo d’euro all’anno, sgorganti dai trasferimenti dello Stato, le tasse cittadine, le sovvenzioni pubbliche alla capitale e le multe che i due sindaci del Pd han sempre più utilizzato come strumento per spremer le tasche dei loro amministrati. Col fiume e col mare, in 13 anni di permanenza sul Campidoglio Rutelli e Veltroni hanno alimentato una poderosa struttura di potere, hanno intrecciato una rete, anzi un groviglio di interessi che tiene insieme costruttori e industriali, banchieri e intellettuali, attori e volontariato, sindacati e corporazioni.
Vista la montagna d’oro su cui poggia il piano regolatore, si comprende perché Veltroni ne abbia atteso l’approvazione definitiva, prima di dimettersi da sindaco per correre candidato premier. O volevate lasciare l’ultima parola sul piano regolatore al commissario? Tant’è che i progetti accontentavano i costruttori romani, meno Caltagirone che vedeva troppo favoriti i fratelli Toti, suoi avversari. La notte prima degli esami finali, il sindaco uscente ha tolto un poco ai fratelli - che han regalato un teatro a Villa Borghese, dedicato al padre - per dare all’altro, facendo così felici tutti. Perché il Campidoglio olivetano è sempre stato amico di ogni costruttore romano, anche dei Santarelli, di Parnasi, di Bonifaci. Prima del piano regolatore, a colpi di «varianti» Roma s’era già ingentilita di oltre 11 milioni di metri cubi, una valanga di cemento. E di soldi.
«Palazzinari», li chiamano a Roma, anche se tiran su grattacieli e intere città. Lavorano, e grati son pronti a ricambiare con attenzioni, assunzioni, amicizia e disponibilità. Come mai l’unico quotidiano di centrodestra della capitale menava fendenti su Prodi e il governo di centrosinistra senza pietà, ma risparmiava il sindaco, anzi lo coccolava come ha sempre fatto la concorrenza? Veltroni è un mago della comunicazione, quand’era vicepremier dieci anni fa riuscì a soppiantare in Rai i dalemiani coi suoi, figurarsi le pagine di cronaca romana dei giornali amici. Come gli è riuscito il miracolo anche coi giornali avversari o indipendenti? Casualmente, i due quotidiani della capitale appartengono a costruttori.
È la continuità che lega e conserva il potere, generando il rosario Rutelli, Rutelli, Veltroni, Veltroni, Rutelli. Gianni Borgna passerà alla storia come l’assessore più longevo, ha retto la Cultura con ambedue i sindaci. Così Goffredo Bettini del resto, che ha innalzato, in verità senza successo, il «modello Roma» sullo scenario nazionale. Tra effimero, notti bianche e feste del cinema, i due sindaci sono arrivati a spararsi ogni anno una media di 60 milioni d’euro. In politiche per la sicurezza e per quelle giovanili, Roma spende un misero e complessivo milione all’anno, mentre al recupero delle sconfinate periferie son destinati 12 milioni all’anno. Volete mettere le feste e il cinema con gli scippi e i balordi delle bidonville? Spendere in cultura e spettacoli rallegra produttori e autori di cinema e tivù, lega al proprio carro il generone romano, le tribù delle terrazze, attori, nani e ballerine.
Si parla dell’immondizia di Napoli, ma a Roma la raccolta differenziata non è mai decollata, dal 7% lasciato da Rutelli nel 2001 s’è fermata al 18% di Veltroni. Non sarà forse perché il proprietario della discarica di Malagrotta era socio del Consorzio Trattamento Rifiuti al 49% e con l’Ama, nettezza urbana, al 51%? Discariche e raccolta differenziata non vanno d’accordo, l’incompatibilità è stata riconosciuta col nuovo millennio, ma gli usi e costumi non son cambiati. Quanto siano bravi in Campidoglio a far gli interessi cittadini, lo dice in lastra di bronzo la privatizzazione della Centrale del latte sotto il segno di Rutelli nel ’97: venduta alla Cirio di Cragnotti per 80 miliardi di lire, da questi rivenduta dopo pochi mesi alla Parmalat di Tanzi per 180.
Stupidi, ingenui in affari? Non si direbbe, guardando l’incastro di scatole cinesi messo insieme, una catena di matrimoni d’interesse a stringer legami con ogni potentato. Era il rifondarolo Smeriglio, in tempi non sospetti, a definire le circa 70 aziende partecipate «carrozzoni che servono a coltivare rapporti coi poteri forti e a procurare consensi», non il consigliere d’opposizione Rampelli. Tant’è che Chicco Testa, l’ambientalista più sveglio di ogni altro verde, passato dalla presidenza Acea (acqua e luce) a quella di Roma metropolitane, conservava ben 13 poltrone in altrettanti cda di organismi pubblici e privati, tra cui Ras (assicurazioni) e Telit (telefonini israeliani). Fabiano Fabiani, colonna storica dell’Iri, presidente dell’Acea e presente nel cda di Suez Enviroment, ha perso il posto in Rai assegnatogli da Prodi e Padoa-Schioppa solo per sentenza del Consiglio di Stato che ha reintegrato Petroni. Ai vertici delle aziende di trasporto ci sono ex sindacalisti, Raffaele Morese dalla Cisl, Fulvio Vento e Stefano Bianchi dalla Cgil. Vincenzo Gagliani Caputo, segretario generale del Comune, sta nel consiglio di amministrazione o nel collegio dei sindaci di Roma metropolitane, Assicurazioni di Roma e Car S.c.p.A. Luigi Spaventa, ex ministro di Ciampi, sta nel cda dell’Acea ma è presidente di Sator group che s’occupa anch’essa di acqua ed elettricità. Paolo Cuccia, amico di Rutelli e ai vertici di Eur spa, è stato vicepresidente di Capitalia e dirigente di Abn Amro Italia. Luigi Abete presidente della Bnl e Alessandro Profumo dell’Unicredit, sono amici e sostenitori dichiarati.


Se domani sera Rutelli dovesse scoprirsi nuovamente e ancora sindaco di Roma, dovrà riconoscerne gran parte del merito a questa robusta rete consolidata in 13 anni. Pur se a discapito delle buche sull’asfalto, i tombini intasati, le vecchine scippate.

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