L'Ocse: pil +0,4% nel 2010. Allarme disoccupati

Riviste al rialzo le stime di crescita dei paesi Ocse "per la prima volta dal giugno 2007". L'Italia sta attraversando un periodo di recessione forte che continuerà fino al 2010. Ma è allarme disoccupazione (10,2%)

L'Ocse: pil +0,4% nel 2010. Allarme disoccupati

Roma - L'Ocse rivede al rialzo le stime di crescita dei paesi che ne fanno parte, "per la prima volta dal giugno 2007". Nell'Economic Outlook, l'organizzazione fa sapere che il pil 2009 dell'area registrerà una contrazione del 4,1% (contro il -4,3% delle precedenti stime), mentre nel 2010 é atteso un ritorno ad una crescita dello 0,7% (-0,1%). L'Italia sta attraversando un periodo di recessione "molto forte" che continuerà "fino alla fine del 2009": nel 2010 ci sarà, quindi, una "lenta ripresa". Nell'anno in corso il pil scenderà del 5,5% per poi tornare a salire dello 0,4% nel 2010.

Il peggio è passato "Sembra che il peggio sia stato evitato e che i paesi Ocse si stiano avvicinando ora al fondo della crisi. Le condizioni finanziarie rimangono rigide, nonostante recentemente si siano leggermente allentate, e con ogni probabilità il fondo della recessione sarà toccato solo nella seconda metà dell'anno in corso, dopodiché ci si attende una debole ripresa". E' quanto assicura il capo economista dell'Ocse Jorgen Elmeskov che avverte però che "questo non è il momento di rilassarsi". Nella sua introduzione all'Economic Outlook pubblicato Elmeskov sottolinea che "per assicurare che la ripresa sia solida e conduca ad una crescita sostenibile nel lungo periodo, andando avanti bisognerà fare dei grandissimi sforzi". Anche perché la ripresa sarà con ogni probabilità "sia debole sia sia fragile per un po' di tempo".

Allarme disoccupazione L'Ocse lancia, tuttavia, un nuovo allarme disoccupazione: nel 2010 la quota dei senza lavoro salirà al 12% in Eurolandia e supererà il 10% negli Stati Uniti (10,1%). In Italia la disoccupazione il prossimo anno toccherà il 10,2%. Nell'Economic Outlook, l'Organizzazione per la Cooperazione economica e lo sviluppo precisa che "significativi aumenti della disoccupazione al 10% negli Stati Uniti e a oltre il 12% nell'area dell'euro comporterà una forte stagnazione". A fronte del "rapido deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro", dunque, l'Ocse sottolinea come sia "obiettivo cruciale" adottare politiche adeguate che "limitino la crescita della disoccupazione strutturale". Parlando invece dell'Italia, gli economisti parigini sottolineano che la disoccupazione "aumenterà significativamente", la percentuale dei senza lavoro salirà dall'8,4% di quest'anno al 10,2% nel 2010.

I prezzi delle case I prezzi delle case in Italia "continueranno probabilmente a scendere nel corso del 2009": parola dell'Ocse secondo cui le quotazioni immobiliari sono con ogni probabilità iniziate a scendere verso la fine dello scorso anno (-1,1% nel 2008). Nonostante i recenti cali, "i prezzi delle case rimangono alti in molti paesi Ocse. Secondo gli economisti parigini, inoltre, gli investimenti immobiliari "probabilmente scenderanno ad un tasso annuo di oltre il 10%, con cali particolarmente consistenti negli Usa, in Giappone, Nuova Zelanda, Islanda, Irlanda e Spagna".

Le quotazioni del petrolio I prezzi del petrolio hanno ripreso a salire "ma è improbabile che tornino ai picchi toccati prima della crisi", nel luglio 2008. L'Ocse prevede per il Brent un prezzo "di circa 50 e 55 dollari al barile, rispettivamente, nel 2009 e nel 2010". L'Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo ricorda come le quotazioni del greggio abbiano messo a segno un rimbalzo negli ultimi mesi, con il prezzo del Brent salito del 75% tra dicembre 2008 e metà giugno 2009. E ciò è da attribuire principalmente alla diminuzione dell'offerta, oltre che alla recente ripresa delle importazioni petrolifere cinesi e al generale miglioramento del clima economico.

Secondo l'Ocse tuttavia, "i prezzi del petrolio rimarranno significativamente più bassi rispetto agli elevati livelli che avevamo visto nel recente passato", a causa soprattutto dell'elevata disponibilità di capacità produttiva e di scorte oltre che della domanda mondiale che resta ancora sotto tono.

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