«Voilà». La scheda verde sparisce nell’urna di cartone. «Per chi ho votato? Il voto è segreto. L’entusiasmo? È ancora maggiore - assicura Roberto Formigoni elettore e candidato -. Quindici anni fa, quando sono arrivato, la Regione era come una Cinquecento sgangherata. Il primo giorno incontrai i dipendenti, mi caddero le braccia. Abbiamo lavorato duramente e ora è una macchina che funziona. Anzi, è una Ferrari». Sembra lontanissimo quel 1995. Eppure Formigoni allora era già un politico navigato. Con due legislature a Strasburgo e un incarico da sottosegretario all’Ambiente nel governo Ciampi sulle spalle. «La prima volta eletto? Ricordo che era il 1984. Lavoravo a Milano già da dieci anni, ma avevo ancora la cittadinanza a Lecco. Andai a votare lì, era il 17 giugno e misi una giacchettina chiara a righine bianche e blu». Lo elessero eurodeputato per la Dc.
Oggi indossa un abito carta da zucchero, camicia blu, cravatta chiara con pochette intonata. L’appuntamento alla scuola elementare Antonio Locatelli, in via Veglia alle spalle di viale Zara, è praticamente all’alba. Alle 9,30, ma con l’ora legale tutto è anticipato. «Io voto sempre prestissimo - assicura lui -. Dev’essere la prima cosa che si fa. La politica è affare nobile, delicato». La sciura fresca di parrucchiere gli vuol stringere la mano. Poi le signore con in mano i ramoscelli d’ulivo benedetto. Impossibile non pensare al postino ferito sabato dal pacco bomba spedito dagli anarchici alla Lega. «Temo non sia un episodio isolato - spiega - Anche se non penso sia una ministrategia della tensione». Ce n’è anche per i politici. «Un clima tale che qualche squilibrato può approfittarne: bisogna abbassare i toni, chi parla in politica deve sapere che c’è sempre qualche squilibrato che interpreta un linguaggio figurato e troppo forte con atteggiamenti di guerra». Nel mirino la sinistra. «È assurdo. Al solo sentire il nome di Berlusconi hanno degli eccessi d’ira furibondi. Gravissimo. Anche per l’immagine del nostro Paese nel mondo».
Più che Filippo Penati, lo spauracchio è l’astensione. Anche se Formigoni ostenta sicurezza. «Non temo né l’uno, né l’altra. Mi auguro che ci sia una grande partecipazione al voto. Più forte è la partecipazione, più forte è la democrazia e più forte sarà la Lombardia. C’è bisogno che la gente vada a votare ed esprima la sua idea di società. Che, ne sono sicuro, è simile alla mia». Certezze. Come quella di andare regolarmente al Pirellone questa mattina. «Devo rimettere a posto un po’ di carte - racconta -. Ci sono alcuni appuntamenti importanti da preparare». Come a dire, prima il normale lavoro quotidiano da governatore, poi i risultati. «Dopo le quattro e mezza, con le prime proiezioni. Mi sono fatto portare un paio di televisori in più per seguire tutte le trasmissioni». E poi? «Un vero politico deve mettersi sull’attenti. E prendere ordini dal suo popolo. Leggeremo i risultati e poi obbediremo».
Intanto la domenica dopo il voto prevede lettura dei giornali e un’ora buona di corsa al parco. «Ho corso un’ora anche sabato. Ma questo è un fine settimana speciale e mi posso concedere un doppia seduta di allenamento». Poi, nel pomeriggio, visita a qualche seggio e passeggiata in centro. «C’è tanto entusiasmo, la gente mi ferma, mi saluta. Non ne può più di questo clima avvelenato. Spero che dopo le elezioni si torni a una maggior civiltà». In serata allo stadio a vedere il Milan. «Speriamo». Come per tutti i tifosi rossoneri, lo scudetto non è più un miraggio. La giunta? Nessuna esitazione. «A fine aprile».
Il sorpasso della Lega e Ignazio La Russa che si mangerà un asino vivo se il Carroccio batterà il Pdl? «Solo un caso montato dai giornali. Manterremo i nostri tanti punti di vantaggio». Aspettare per credere.
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