Controstorie

L'ombra di Evo Morales nel Paese che non svolta

L'ex presidente è fuori causa ma il favorito è il suo delfino Arce. Anche perché l'opposizione...

L'ombra di Evo Morales nel Paese che non svolta

La Bolivia va al voto oggi per decidere chi guiderà il Paese nei prossimi 5 anni.

Sia chiaro, se lo scorso 20 ottobre, di fronte alla frode monumentale di Evo Morales, non fossero scesi in strada i comitati civici di Luis Fernando Camacho, trascinandosi dietro gran parte della popolazione, oggi non ci sarebbe nessun voto e il presidente cocalero sarebbe ancora saldo al potere. Invece la protesta fece scappare Morales prima nel suo feudo del Chapare, dove si produce gran parte della cocaina che poi è esportata via Brasile in Europa, poi in Messico sotto l'ala protettiva di AMLO, il primo presidente di sinistra del Paese del tequila e, infine, in Argentina, alla corte del kirchnerismo tornato in sella nel Paese del tango.

Dall'annullamento di quel voto, nascono le presidenziali di oggi, passate attraverso un anno di presidenza ad interim di Jeanine Áñez e, soprattutto, sopravvissute all'epidemia di Covid19 che, anche nel paese andino ha fatto disastri (oltre 8.400 decessi) portando la Bolivia a essere il sesto Paese con più morti al mondo per milione di abitanti, preceduto solo da San Marino, Perù, Belgio, Andorra e Spagna.

Evo, naturalmente, non è in lizza oggi ma al suo posto il Movimento al Socialismo (Mas) di Morales ha candidato il suo ultimo ministro dell'Economia e delle Finanze, Luis Arce. Una scelta azzeccata perché, al di là di tutte le propensioni dittatoriali dell'ex presidente cocalero, è indubbio che proprio l'economia, durante i suoi quasi 14 al potere, sia andata molto bene. Così bene da guadagnarsi sul campo il conio di un termine, Evonomics, che sottolinea proprio la bontà della sua ricetta improntata a un socialismo di mercato più vicino al modello cinese che a quello castrochavista, disastroso.

Non a caso in testa a tutti i sondaggi della vigilia c'è proprio Arce, seguito a ruota da Carlos Mesa, il candidato che lo scorso anno aveva portato al ballottaggio Morales ma che poi, dopo un blackout lunghissimo nella trasmissione dei dati e una serie di frodi (14 in tutto) evidenziate in dettaglio dall'Organizzazione degli Stati Americani (Oea), aveva appoggiato le proteste di strada dei comitati civici di Camacho. Che, naturalmente, è anche lui oggi tra i presidenziabili, anche se il suo mancato accordo in funzione anti Mas con Mesa, rischia di fare ripiombare la Bolivia nel caos nelle prossime settimane. I due sondaggi più recenti, quelli di Jubileo e Ipsos, danno infatti davanti Arce, accreditato del 34%, seguito da Mesa tra il 27 e il 28% e terzo, con nessuna di andare all'eventuale ballottaggio il prossimo 29 novembre, Camacho, fermo al 14%. Certo, nonostante il potere di fuoco dei grandi media basti pensare alla Brexit o alle presidenziali Usa di 4 anni fa - sovente le previsioni degli istituti demoscopici fanno cilecca. Ma, vista la strampalata legge elettorale boliviana, per la quale è vincitore già al primo turno anche chi ottiene solo il 40% dei suffragi con almeno il 10% di vantaggio sul secondo, esiste la possibilità che Arce possa a sorpresa diventare presidente già da oggi, proprio grazie al mancato ritiro di Camacho. «Per questo da mesi chi si oppone al ritorno del Mas al potere spiega a Il Giornale il prestigioso giornalista boliviano Roberto Aguirre fa appello al cosiddetto voto utile. In sostanza, a dare fiducia al candidato d'opposizione più avanti nei sondaggi della vigilia, Mesa in questo caso, invece che Camacho. E proprio per dare un segnale in tal senso ed evitare la dispersione dell'opposizione, un mese fa la presidente ad interim Áñez ha ritirato la sua candidatura, imitata poco dopo dall'ex presidente Jorge Quiroga. Probabile che sia sufficiente, anche perché questa volta con oltre 2000 osservatori indipendenti e ben 4 app registrate per denunciare eventuali frodi in tempo reale, il problema di blackout notturni come un anno fa dovrebbe essere scongiurato. Inoltre il Consiglio elettorale, nel 2019 controllato al 100% da Morales, è stato cambiato. Preoccupa, tuttavia, l'atteggiamento del MAS che, ad oggi, rimane il solo partito degli tanti (oltre 30) che parteciperanno anche al rinnovo di Camera e Senato a non avere firmato un documento proposto dalla società civile per accettare il risultato di oggi. «Hanno anzi paventato la possibilità di una frode, ironico visto il precedente spiega Aguirre e molti sono preoccupati che se Arce non vincerà al primo turno, possano scatenare disordini».

Di certo sul voto di oggi peserà anche il coronavirus che farà aumentare l'astensionismo visto che molti, soprattutto tra gli anziani (di gran lunga la categoria più colpita dal virus anche qui) sono incerti se andare o meno alle urne per la paura del contagio. Anche in Bolivia, come nel resto del Sudamerica, si sta andando verso l'estate e la curva pandemica si è già abbassata di molto rispetto al picco di un paio di mesi fa ma, rispetto al 2019, l'affluenza sarà «di certo minore» dicono tutti gli analisti e, questo, potrebbe ulteriormente indebolire l'attendibilità dei sondaggi, tutti fatti al telefono.

Altra incognita è quella del voto all'estero, con oltre 170mila boliviani in Argentina e 150mila in Brasile che sono, in maggioranza elettori di Morales. E di questi i sondaggi non tengono conto. Inoltre nessuno sa bene come voterà il 33% dei giovani che accorreranno ai seggi.

A Santa Cruz, che da sola garantisce il 30% del bacino elettorale totale, la maggioranza di loro voterà per Mesa oppure darà fiducia al leader dei comitati civici rischiando di far vincere Arce? Nessuno lo sa ma, di certo.

Commenti