Londra: «Bush attaccherà l’Iran prima della fine del suo mandato»

Teheran: «Andremo fino in fondo». Lunedì in Inghilterra si discuterà delle nuove sanzioni Onu, ma Cina e Russia fanno già catenaccio

La bomba nucleare iraniana non c’è ancora, ma semina già distruzione. Sull’asse Atlantico incrina lo «speciale rapporto» tra un Bush ancora cautamente interventista e un Blair ormai contrarissimo ad un intervento armato. Sul fronte iraniano contrappone il fronte radicale del presidente Ahmadinejad, deciso a resistere «fino in fondo» alle pressioni dell’occidente, e quello del suo potente, ma più moderato predecessore Akbar Ashemi Rafsanjani. Anche la posizione dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu convocati lunedì a Londra con la Germania per la riunione del 5 +1 è tutt’altro che monolitica. Francia, Stati Uniti, Inghilterra e Germania - dopo la scadenza dell’ultimatum del Consiglio di Sicurezza e il rapporto dell’Aiea sulla mancata sospensione dell’arricchimento dell’uranio - sono d’accordo nell’inasprire le sanzioni. Russia e Cina preparano il consueto catenaccio diplomatico.
La posizione occidentale è stata riassunta nel corso di una conferenza stampa congiunta con il presidente francese Jacques Chirac dal cancelliere tedesco Angela Merkel. «Teniamo aperta la porta per nuovi negoziati, ma non possiamo ignorare il nuovo rapporto dell’Aiea sull’inadempienza dell’Iran e quindi ritengo inevitabile imboccare nuovamente la strada del Consiglio di Sicurezza dell’Onu». Washington non sembra però voler rinunciare all’ipotesi di un intervento militare. «Tutte le opzioni restano sul tavolo», ha ribadito il vice presidente americano Dick Cheney, capofila dei falchi di Washington.
La posizione intransigente dei vertici della Casa Bianca, non fa dormire sonni tranquilli al premier britannico Tony Blair. Secondo alcune gole profonde di Downing Street il primo ministro è sempre più preoccupato dai piani americani. «Bush non lascerà la soluzione della questione ai propri successori», ha detto uno dei funzionari britannici aggiungendo che Blair non ha intenzione di seguirlo nella nuova avventura militare. Giovedì scorso il premier britannico ha decisamente scartato l’ipotesi di un attacco all’Iran.«Un’azione militare non mi sembra la mossa giusta – ha detto Blair in un’intervista alla Bbc -: trovo più importante insistere sui canali della politica e della diplomazia, penso sia l’unica via per trovare una soluzione intelligente alla questione». Secondo le gole profonde anche l’amministrazione americana sarebbe profondamente divisa. Mentre il vice presidente Dick Cheney continua a considerare indispensabile l’uso della forza il ministro della difesa Robert Gates, il segretario di Stato Condoleezza Rice e il consigliere per la sicurezza Steven Hadley sono sempre meno convinti della praticabilità dell’opzione militare.
Incurante dei piani di Washington e del rischio di nuove più dure sanzioni il presidente Ahmadinejad rilancia la sua sfida all’Occidente. «Se mostreremo segni di debolezza di fronte al nemico le sue aspettative si rafforzeranno, ma se ci opponiamo la nostra resistenza li farà desistere», ha detto il presidente iraniano.

Il più moderato ex presidente Akbar Ashemi Rafsanjani, suo potente avversario e rivale da poco eletto alla guida dell’Assemblea degli Esperti, ha approfittato del sermone del venerdì letto alla radio per mettere in riga il presidente e le fazioni più radicali. «Gli estremisti devono imparare a tenere a freno la lingua».

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