Londra in questi giorni è equamente divisa fra l'euforia dei turisti per il giubileo della regina, la preparazione delle olimpiadi di giugno e la furia dei tassisti irritati dai tanti lavori stradali che ingarbugliano il traffico. Non una passeggiata per buyer e stampa che hanno seguito le sfilate spostandosi da una parte all'altra della città compresa la sontuosa sede espositiva di Somerset House con aziende provenienti da tutto il mondo. Le 95 collezioni in calendario alla London Fashion Week che chiude oggi hanno messo in scena proposte interessanti e idee improbabili in parti uguali.
Resta il fatto che la capitale delle tendenze ha attirato questa volta il 30 per cento in più di compratori internazionali e che per esempio, dal solo Brasile, sono arrivati oltre 25 blogger.
La sfilata più emozionante organizzata sotto un gigantesco tendone trasparente eretto nei giardini di Kensington, resta quella di Burberry Prorsum disegnata dal bravissimo Christopher Bailey, direttore creativo del brand. A dimostrazione che sull'heritage inglese si possono ancora dire tante cose interessanti. Basterebbe citare le giacche da equitazione realizzate in tweed e in tessuti spina di pesce, con tasche rigonfie, le gonne per montare a cavallo con orlo drappeggiato, i bellissimi trench a pannelli di tessuti diversi, per tratteggiare la grazia di una collezione deliziosamente in equilibrio fra città e campagna. Ma non si può non parlare della perfezione sartoriale dei tagli e delle lavorazioni, della ricchezza di accessori uno più bello dell'altro - pochette con zip e decori a testa di animale, stivaletti Field stringati in camoscio e cinture con tanto di fiocco - e di quell'aria sofisticata che rendeva ogni uscita desiderabile oltre ogni dire. Il colpo di scena finale, con l'acqua che cadeva a scrosci sopra il tendone e le ragazze che si riparavano con magnifici ombrelli da una nevicata di paillette trasparenti, è stato la ciliegina sulla torta di una sfilata che ha affascinato anche per la profondità dei colori, dai miele agli ambra, dai bordeaux ai verdi indaco.
«Dopo aver lavorato per 16 anni a fianco di Christopher Bailey, ho realizzato il sogno di prendere in mano la direzione creativa di un marchio che come Burberry trae la sua origine da capi di abbigliamento e non, come accaduto per Gucci o Prada, da accessori» spiegava il nuovo direttore creativo Martin Cooper artefice delle collezioni uomo, donna e accessori del marchio inglese Belstaff passato nel luglio 2011 dalla famiglia Malenotti alla svizzera Labelux Group. Controllato dalla ricchissima famiglia tedesca Reimann, azionista della Benckiser e quindi della Coty e di altri brand tra i quali Jimmy Choo, il Gruppo viene affiancato in questa operazione dall'imprenditore Harry Slatkin, nuovo amministratore delegato e da Tommy Hilfigher. L'operazione di riposizionamento si annuncia ambiziosa: il marchio diventa sinonimo di un lifestyle di lusso, guarda nell'archivio per estrarre il meglio delle sue origini britanniche ma lascia alle quattordici fabbriche italiane il compito di produrre un prêt-à-porter di alta gamma. Le classiche giacche Roadmaster e Trialmaster sono state rieditate in coccodrillo, pitone, cashmere, raso, shearling e pelle e declinate con pantaloni slim fit anche in nappa elasticizzata mentre il cotone cerato, celebre tessuto della maison, è uno dei materiali utilizzati per borse modello Dorchester uomo e per donna. «Tra sei mesi sarà pronto il primo flagship store del marchio, 2600 metri quadrati in Bond Street a Londra cui seguiranno i 400 metri quadri sulla Madison Avenue di New York» ha annunciato Harry Slatkin parlando di vere e proprie country house. Tutti i negozi esistenti, come quelli di Roma e Milano, subiranno un up-grading in location più prestigiose. E probabilmente la collezione donna potrebbe approdare nel calendario delle sfilate di Milano. E sempre di heritage si parla a proposito di Pringle, storico marchio scozzese fondato nel 1815, che un anno fa ha affidato all'inglese Alistair Carr, direttore creativo con solide palestre da Marni, Chloè e Balenciaga, il compito di scrivere un altro capitolo della sua storia. Stella McCartney ha voluto celebrare il suo ruolo di designer del team olimpico della Gran Bretagna con una capsule collection di abiti da sera mentre Tom Ford ha scelto la strada della riservatezza presentando la sua collezione attraverso incontri riservati.
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