"Lontano dai palazzi Così 20 anni fa il Tg5 cambiò le news in tv"

Il direttore Enrico Mentana ricorda la fondazione il 13 gennaio 1992: dai grandi fatti di cronaca fino all’addio nel 2004

"Lontano dai palazzi  Così 20 anni fa il Tg5  cambiò le news in tv"

Che cos’è più indimenticabi­le, Enrico Mentana, creare da ze­ro i­l Tg5 o quintuplicare gli ascol­ti del TgLa7?
«Direi che fondare un telegiorna­le resta un’esperienza irripetibile e storica. Soprattuttosesideveinven­tare qualcosa di diverso come fu per il Tg5 che nacque in un periodo in cui i notiziari erano proni alla poli­tica. Comunque anche prendere un tg e portarlo dal 2 al 10 per cento di share direi che è un’esperienza mica male».

In questi giorni si celebrano i vent’anni del Tg dell’ammira­glia Mediaset: prima edizione alle 20 del 13 gennaio 1992. L’ansia non è un tratto del suo carattere, cosa ricorda nitida­mente di quel giorno?
«Che mi cadevano continuamen­te gli occhiali, non erano della mia misura, passavo il tempo a rimetter­li sul naso... Mi fece effetto il video­messaggio di auguri che ci mandò Cossiga che in quel momento era a Londra: il presidente della Repub­blica che benediceva un giornale che voleva essere sganciato dalla politica».

Che è poi l’accusa che le hanno sempre rivolto: occuparsi di cronaca per fingere di essere indipendente dalle pressioni aziendali. Ora che sta a La7 ha cambiato idea e fa invece un giornale molto politico.
«Io ho sempre risposto che di me­stiere faccio il giornalista e che ogni stagione è di­versa: in quell’epoca era necessario un Tg che si occupa­va delle notizie di cui gli altri non si occupavano e che adesso gli spet­tatori, anzi una fet­ta di spettatori, voglio­no un altro tipo di informazione».

Infatti, Clemente Mimun, at­tuale direttore del Tg5 dice che lei «sta dove sta il mercato».
«Non mi pare offensivo. Non mi sono mai vergognato di parlare di cronaca. E comunque non dimenti­ch­iamoci che volli fortemente i fac­cia a faccia Prodi-Berlusconi e Oc­chetto-Berlusconi e che parlare di inchieste giudiziarie è fortemente politico».

Ma torniamo ai suoi dodici an­ni vissuti pericolosamente al Tg5. Da Falcone a Borsellino, da Tangentopoli ai seque­str­i Kassam e Soffian­tini, all’11 settem­bre... qual è sta­to l’evento che ha vissuto con più partecipa­zione?
«Direi la guerra in Kosovo, unaguer­ra insensata e così vici­na a noi. Fummo i soli a prendere nettamente una posizione contra­ria. Una guerra ammantata di etica portata avanti da governi di sini­stra. Certo anche l’attacco alle Torri gemelle fu fonte di grande emozio­ne: non si capiva nulla e fu difficile andare in onda».

Poi il capitolo della rottura con Mediaset. Mimum dice che il Tg5 si è sempre mantenuto in una posizione di equilibrio. Lei rivelò in una famosa lettera che Mediaset si era trasforma­ta in un «comitato elettorale» e che per questo se ne andò.
«Come ho detto, ci sono stagioni diverse. Ed è giusto che i giornali cambino pelle. Io ebbi la fortuna che quando nel ’92 mi affidarono il Tg5 il mio editore non aveva impe­gni politici e mi chiesero di fare un telegiornalepertutti. Hopotutosce­gliere una squadra di giovani, da cui sono usciti anche parecchi diret­tori. E per molti anni ha funzionato il concetto: squadra che vince non si cambia. Poi si è cambiata idea».

Per paradosso, oggi in molti rimpiangono Berlusconi per­ché forniva grande materiale a giornali e telegiornali. Anche il suo Tg ne risente...
«Certamente siamo entrati in una fase diversa, in una sospensio­ne della politica. Ma siamo noi gior­n­alisti a innamorarci delle situazio­ni. Dobbiamo ricordarci che c’era un prima e ci sarà un dopo la stagio­ne berlusconiana e che dovremo continuare a raccontare la realtà. L’importante è tenere sempre alto il bioritmo».

E secondo lei l’attuale Tg5 ce l’ha alto?
«Visto che ancora gli capita di bat­tere il Tg1...».

Come vede la nuova rete Tgcom24 di Mediaset?
«È presto per giudicare, certo non si può nascondere che tre reti all news sono molte in un mercato come l’Italia,ma questo crea anche più competizione».

E la sua redazione si è tranquil­li­zzata sulle questioni sindaca­li? Le sue minacce di dimissio­ni­ad alcuni sono sembrate pre­testuose...


«Sono rimasto perché ho avuto precise rassicurazioni. Io quando vado in un posto è per restarci per sempre. Non me ne andrò da La7 se non perché lo vuole qualcun altro. Non mi interessano, come detto da alcuni,poltrone più “alte“».

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