L’addio alla redazione di Avvenire, giovedì scorso, a molti era sembrata una «resa» dopo le rivelazioni del Giornale su quello scomodo e ormai famoso precedente di Terni: un decreto penale di condanna per molestie a sfondo sessuale ai danni di una ragazza. Dino Boffo aveva lasciato il quotidiano della Conferenza episcopale italiana con la promessa di voler voltare subito pagina: «Ora basta», aveva scritto nella lettera di dimissioni. Nemmeno una settimana dopo, lo scenario è cambiato. Adesso si scopre che il caso che ha scosso l’opinione pubblica è tutt’altro che chiuso. Per ammissione dello stesso Boffo: «La questione non finisce qui». Non è una frase pronunciata a caldo, a ridosso dello scandalo. Suonerebbe piuttosto come una dichiarazione di intenti da parte di chi sta organizzando una precisa e determinata linea di difesa. Se non addirittura di contrattacco.
Il nuovo polverone attorno al 57enne giornalista di Asolo si alza con l’uscita dell’ultimo numero del settimanale Chi, in edicola oggi. E riguarda un colloquio telefonico intercorso proprio tra Boffo e il direttore del periodico Mondadori, Alfonso Signorini. Quest’ultimo, detto tra parentesi, nei giorni in cui bruciava la polemica aveva espresso solidarietà personale al collega di Avvenire. Ecco com’è andata, nel racconto di Signorini, la conversazione avvenuta il 4 settembre attorno alle due del pomeriggio, cioè a 24 ore di distanza dall’annuncio ufficiale delle dimissioni. Scrive il direttore di Chi: «Sul mio cellulare arriva la telefonata di Dino Boffo... Non è un’intervista ma una chiacchierata su temi di cui tutti i giornali parlano in questi giorni». Boffo, al telefono, confida: «La questione non finisce qui e avrà pesanti conseguenze anche sul fronte politico». Poi avrebbe perfino ammesso il paradosso: «La cosa più assurda è che per 15 anni ho sempre sostenuto Berlusconi, il suo governo e molte sue linee politiche». Infine la considerazione che racchiude molte delle contraddizioni emerse di recente: «Ho una formazione moderata, eppure in queste settimane sono diventato un’icona della sinistra...».
Il misterioso quanto criptico desiderio di rivalsa esternato a Signorini (verso il Giornale? Oppure nei confronti di una parte della Chiesa contraria a certe prese di posizione di Avvenire?) è stato smentito da Boffo in persona, che anzi ha negato l’intera conversazione: «Non ho mai parlato con Chi. Quelle che mi si attribuiscono sono dichiarazioni semplicemente grottesche». Signorini, invece, conferma quanto pubblicato «dalla prima all’ultima parola».
Il giallo continua. Intanto il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) ha escluso il coinvolgimento nella vicenda Boffo di «appartenenti o ex appartenenti ai servizi».
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