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Lucatoni, l’emigrante di ritorno di cui non si può fare a meno

Un palo a portiere battuto e un assist per il secondo gol. Ma la testa è già in Scozia: "Sarà una battaglia, noi siamo pronti"

Lucatoni, l’emigrante di ritorno
di cui non si può fare a meno

nostro inviato a Genova

Hanno fatto gol gli eroi di Berlino. Che poi sono gli stessi di Dortmund. Pirlo e Grosso. E allora forse comincia a girare la ruota, a Glasgow manca un mese ma in una serata non certo esaltante, se non per i tre punti, ripetere la filastrocca mondiale non può che portare bene. Pirlo e Grosso. E Luca Toni. Sono loro le facce dell’Italia. Prendete Toni. Sarà che nell’«articolo il» cui si è aggrappato Donadoni, vista la latitanza di Quagliarella, il più grande è lui e quei centonovantacinque centimetri farebbero ombra a chiunque, ma nella fresca sera di Marassi l’Italia si è messa sulle spalle del centravanti del Bayern.

Nonostante la predica della vigilia di Donadoni. Logica. Quasi un atto dovuto. Quando mai infatti si è visto un allenatore puntare tutte le fiches su un uomo solo. Figuriamoci poi un commissario tecnico. Così Roberto Donadoni, decurtato in partenza di dieci campioni del mondo (più Aquilani, così tanto perché la sfortuna non si è fatta mancare niente) ha caricato il concetto di Italia operaia. Gliel’hanno rinfacciata, quasi fosse un’onta, e lui l’ha cavalcata. Questa storia che tutto passasse da Toni, a cominciare dal suo futuro, non gli andava giù. Non si prepara una partita così. Però, dai, è impossibile fare finta di niente. Luca Toni è arrivato dalla Germania, emigrante di ritorno per una settimana, portando in regalo alla Nazionale le specialità del posto. Nello specifico: dieci gol in dieci partite tra campionato e coppa Uefa. Roba che al Bayern ancora non ci credono. Rummenigge si stropiccia gli occhi, Hitzfeld fa tutti gli scongiuri possibili: Lucatoni, tutto in una parola, si è caricato sulle spalle il Bayern e ha deciso di portarlo fino in fondo, là dove consegnano il piatto ai campioni della Bundesliga. In Nazionale l’ex centravanti della Fiorentina mancava dalla trasferta di Budapest, quella amichevole di agosto inoltrato costata alla Nazionale un patrimonio: la sconfitta e la coscia di Materazzi. Ha saltato la Francia Toni, cercata e annusata fino all’ultimo respiro, ma infine vista dalla tribuna.

Ucraina nemmeno a parlarne, poi finalmente di nuovo arruolato per l’incrocio con la Georgia. «Mettiamo in campo lo spirito mondiale » è stato il comandamento passato alla truppa nella settimana di Coverciano. Almeno lui è stato di parola con sé stesso. Capisce subito che la serata la deve svangare a far gomitate con due simpatici armadi, Asatiani e Khizanishvili. Certo, non sono Cannavaro e Mexes, tanto per far due nomi, ma hanno la possibilità di vincere al superenalotto: fermare il centravanti campione del mondo. L’Italia parte che sembra un film di Kiarostami da quanto annoia, di gioco se ne vede pochino. Quella di Toni non è una partita,maun bigino del kamasutra: trattenute, spintoni, braccia che si allungano, maglie che si strapazzano. Passano ventisette minuti e Totò lo scugnizzo decide che è ora di tirare fuori la testa dalla buca. Cerca la linea di fondo, la trova, alza lo sguardo e crossa un cioccolatino per la pertica partita un giorno di tanti anni fa da Pavullo nel Frignano.

Ovviamente herr Toni non si fa pregare per fare il suo dovere e buttarla dentro. Sarebbe tutto perfetto e da copione, se non ci fosse il palo. La base del palo. Con Lomaia, il numero uno georgiano dal destino segnato. Prendere un gol dal centravanti più forte d’Europa. Gli gira bene. Anche quattro minuti più tardi quando Pirlo centra la zucca di Toni su punizione: palla sopra la traversa di un amen. Buona, la punizione, per turlupinare Lomaia che al 44’ pensa al replay ma si accorge che il film è diverso quando vede il colpo di Pirlo («colpi provati in allenamento ») finire in porta. Il secondo atto non cambia di una virgola. Anzi, se possibile lo spettacolo offerto da Toni e i suoi guardiani è ancora più hard. Dopo un’ora il numero nove azzurro prende una gomitata da Khiza eccetera eccetera, si avvita a vuoto un paio di volte, e decide che è ora di dare la spallata definitiva alla Georgia. Da solo non ci può riuscire e allora apre le gambecome fossero un compasso, arpiona il pallone e lo deposita, ciliegina zuccherata, sul sinistro di Grosso. Che da Berlino, e dal rigore mondiale, non aveva dato segni di vita.

Segna il terzino del Lione, si può partire per Glasgow. «Chissà, la Georgia magari mercoledì ci darà una mano. A Glasgow sarà una battaglia, ma noi siamo pronti». Lucatoni guida la carovana. A Bari, era l’andata, segnò due gol agli scozzesi.

Ecco un buon motivo per sperare di uscire vivi il 17 novembre.

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