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L'ultima della Cassazione: "Il clandestino ha figli? Può restare in Italia"

L’ennesima sentenza che vanifica la legge Bossi-Fini. Stavolta gli ermellini hanno stabilito che l’irregolare non va espulso "anche se non sussistono particolari situazioni di emergenza relative al suo bambino"

L'ultima della Cassazione: 
"Il clandestino ha figli?  
Può restare in Italia"

C’è chi le fa (le leggi) e chi le disfà. Ruolo in cui si è specializzata negli ultimi anni l’italica magistratura. E c’è poi chi ci pensa e ripensa. Un giorno una sentenza, quello dopo un’altra. Stesso tema, giudizi opposti.

Così, tanto per mitragliare ancora una volta la «vituperata» Bossi-Fini, ecco arrivare l’ennesima interpretazione della Corte di cassazione. Parliamo di clandestini, tanto per cambiare.
Meno di un mese fa qualche ermellino - con verdetto numero 5856 - scrisse che lo straniero irregolare, pur con figli in attesa di cittadinanza e regolarmente iscritti a scuola, doveva sloggiare. Tornarsene in patria, senza se ma con un ma: la sua permanenza sarebbe stata tollerata per un periodo di tempo limitato «solo per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore se determinati da una situazione d’emergenza». Ora la Suprema corte - con una strategica virata - nel giudicare un altro caso ci spiega che l’irregolare che chieda di non essere rimpatriato per non compromettere il benessere psico-fisico del proprio figlio piccolo possa tranquillamente soggiornare nel Belpaese dalle larghe maglie. Stando ai giudici, infatti, un genitore straniero può avanzare questa richiesta non solo in casi di emergenza che riguardino il proprio bambino che vive in Italia, ma anche in tutte quelle situazioni «di danno effettivo concreto, percepibile e grave, che, correlate all’età, alle condizioni di salute e all’equilibrio psico-fisico, sia assai probabile che possano derivare per effetto della recisione del legame personale in atto o dall’allontanamento traumatico dall’ambiente nel quale il minore è cresciuto».

Così la Suprema Corte ha accolto la richiesta di un cittadino marocchino padre di un piccolo nato nel nostro Paese da una connazionale con regolare permesso di soggiorno. Anche lui, seppure senza permesso potrà stare sull’accogliente Penisola per evitare di pregiudicare lo sviluppo del figlio, in tenera età, visto il forte legame che si era già stabilito tra i due.

Eppure una prima richiesta era stata respinta dalla Corte di appello di Milano che non aveva ritenuto necessario far rimanere il padre nel capoluogo lombardo perché il figlio non versava in situazioni «emergenziali o eccezionali tali da rendere necessaria la presenza dell’uomo». Di parere contrario la prima sezione civile della Cassazione che, accogliendo il ricorso dell’immigrato, nella sentenza numero 2647 ha stabilito che «la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore non postula necessariamente l’esistenza di un’emergenza o circostanze eccezionali strettamente collegate alla sua salute» ma può riguardare anche tutte quelle situazioni non di lunga durata che però sono classificabili come «eventi traumatici e non prevedibili nella vita del fanciullo». Il che, tradotto, significa questo: la clandestinità per i giudici è legale.

Come del resto aveva già chiarito la Corte Costituzionale non molto tempo addietro. Spiegandoci che non è punibile lo straniero che non obbedisce al foglio di via perché è povero. E non ha soldi per tornarsene a casa.

Urgono collette.

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