La Lunigiana nel piatto tra lattughe e Vermentino

Dopo vent'anni resta una certezza. Ottimi anche i tortelli di carciofi che meritano di essere gustati per altri vent'anni, anzi duecento...

Camillo LangoneVent'anni dopo. Sembra un romanzo di Dumas e invece è un articolo dell'Incontentabile che ritorna all'Armanda dopo una vita (una vita oggettivamente niente male) di critiche gastronomiche: la prima volta fu alla fine degli anni Novanta quando ne scrisse per lo Stato settimanale di Marcello Veneziani. Forse quindi non proprio vent'anni fa, ma 18 o 19, c'è poca differenza. In questo arco di tempo è cambiato il mondo, è cambiata la ristorazione, è cambiato l'Incontentabile mentre l'Armanda almeno per quanto riguarda il mangiare non è cambiata, è sempre il piccolo tempio della cucina di Lunigiana, la regione o subregione che un po' sembra Liguria e un po' Toscana, in alto sull'Appennino anche un po' Emilia, senza essere né Liguria né Toscana né tantomeno Emilia bensì un sogno sognato secoli fa sulle rovine dell'anfiteatro romano di Luni, città talmente sprofondata nella sabbia della storia che perfino Francesco Petrarca la trovava obsoleta: «Già famosa e potente e ora solo nudo e vano nome». La Lunigiana è sempre stata vecchia ed è sempre stata complicata, fu percorsa da Dante che in veste di diplomatico qui a Castelnuovo Magra siglò nel 1306 una pace allora famosa, e venne descritta da Guicciardini con sottile sarcasmo: «Una parte ubbidiva a' fiorentini, alcune castella erano de' genovesi, il resto de' marchesi Malespini; i quali, sotto la protezione chi del duca di Milano chi de' fiorentini chi de' genovesi, i loro piccoli stati mantenevano». Corre il sospetto che la Lunigiana sia un'invenzione letteraria, una specie di Atlantide fra il monte e il mare, e che l'unica prova della sua esistenza si trovi proprio nel menù dell'Armanda, sebbene l'influsso ligure vi sia evidente e i testaroli manchino (perché tipici della Lunigiana di montagna): lattughe ripiene in brodo, gnocchetti di castagne al pesto, pasta e fagioli alla Castelnovese, coniglio disossato e farcito... Gli antipasti sono una lunga sequenza di rustiche prelibatezze al posto giusto (la verza ripiena, lo sformatino di cardi con salsa di acciughe) o al posto sbagliato (la polenta incatenata è una polenta con fagioli e quindi un amido con amidi che un pasto potrebbe chiuderlo, non aprirlo). Coi primi è sempre difficile sbagliarsi in queste trattorie di eccellenza e infatti le lattughe in brodo e i tortelli di carciofi con timo e maggiorana meritano di essere riprodotti tali e quali per altri vent'anni anzi duecento. Guai a chi tocca le lattughe, guai a chiunque osi rivisitarle o decostruirle o degradarle a gioco proustian-gozzaniano come all'illustrissima Francescana di Modena succede all'incolpevole panino con la mortadella: «Ricordo di un panino alla mortadella» si legge in quel celebrato e retorico menù. Il bere invece è cambiato però niente paura, è cambiato in meglio: il Vermentino dei Colli di Luni non è mai stato così buono. Il Costa Marina di Ottaviano Lambruschi e di suo figlio Fabio, sapido, minerale e grazie a Dio conservato in acciaio (legno pussa via), si avvicina oramai ai migliori Vermentini sardi. Adesso c'è pure il Vermentino Nero (Podere Terenzuola), forse una mutazione cromatica o forse altro. Il pranzo si conclude con un'altra tipicità assoluta, la China Clementi, «antico elixir» prodotto a Fivizzano e apprezzato da Indro Montanelli come prova la lettera pubblicata sul sito, scritta a mano su carta intestata del Giornale. Dopo tanti elogi è il momento di qualche osservazione critica. Le ridotte dimensioni del locale sono un problema difficilmente risolvibile, se non cambiando indirizzo e questo sarebbe un peccato perché la posizione, all'ingresso del paese, oltre che storica è scenografica. La prima volta all'Armanda era in estate e si mangiò all'esterno, con vista romantica sul tratto di mare intorno a Bocca di Magra. Ma nella brutta stagione tocca mangiare dentro, in una stanza lunga e stretta: va comunque detto che i tavoli non sono troppo sacrificati e il problema è soprattutto della cameriera costretta a vari contorsionismi. Il bagno è il più piccolo mai visto, può darsi che i sommergibilisti della vicina base militare della Spezia siano abituati a situazioni peggiori ma certo non è adatto ai claustrofobici e ai giocatori di pallacanestro. Poi c'è un problema visivo costituito dai piatti quadratoidi e deformi che ormai segnalano i ristoranti-pizzeria e i locali di provincia che negli anni Zero hanno cercato di aggiornarsi esteticamente copiando i locali delle grandi città: quelli che adesso (vedi le ultime aperture milanesi) compattamente esibiscono magnifici piatti tondi.

E infine un problema acustico: a sconto di quali peccati si deve subire l'ascolto di una radio commerciale e per la precisione di Radio 105? Il volume non sarebbe troppo alto se le canzoni non fossero di Tiziano Ferro ed Eros Ramazzotti, voci e testi che l'Incontentabile sopporta solo a volume zero. Vent'anni fa, nei tavoli all'aperto con vista sul mare, si percepiva solo il fruscio delle foglie mosse dal vento.

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