Luogo di ritrovo per letterati, studenti e curiosi

Luciana Caglio

Fu l'intuizione di un autentico anticipatore: progettando alla fine degli anni ’30 la Biblioteca Cantonale di Lugano, Rino Tami (diventato poi il capostipite della nuova architettura in Ticino) creò non soltanto un edificio stilisticamente d'avanguardia ma, in pari tempo, un centro culturale innovativo.
Infatti, a quella costruzione, primo esempio di razionalismo nel Cantone, spettò una funzione senza precedenti. Luogo, tradizionalmente museale e chiuso, si trasformò in un ambiente, accogliente e aperto. Naturalmente, i libri, antichi e nuovi, ne rimasero l'insostituibile materia prima: resa, però, viva da moderni criteri di accessibilità.
Come diventarono vive le carte degli archivi, affidati alla biblioteca luganese da illustri esponenti della cultura contemporanea, fra cui Prezzolini, Flaiano, Ceronetti. Proprio qui, documenti storici, epistolari, disegni, sceneggiature cinematografiche e quant'altro trovarono l'attenzione di curatori che ne fecero materiale di ricerca e di interpretazione a disposizione di studenti e studiosi. Insomma, una conservazione in termini attuali, in grado di sollecitare l'interesse del pubblico.
A partire dai libri, si svilupparono manifestazioni che, attraverso incontri con autori, critici, storici, filosofi, giornalisti e scienziati, contribuirono ad aprire i confini della provincia ticinese e, soprattutto, ad alimentare la sensibilità per la pagina stampata. La Biblioteca svolse, precorrendo i tempi, un ruolo anche sociale diventando un punto di ritrovo, frequentato da persone mosse dalle più svariate curiosità: studenti, ricercatori, pensionati, lettori assidui e occasionali.
E fu un ruolo che, durante l'ultima guerra, doveva assumere connotati storicamente rilevanti: quando i rifugiati politici italiani ne fecero una sorta di seconda casa: in cui incontrarsi, scoprire testi messi al bando dal fascismo, discuterne.

Tutto ciò, appunto, grazie alle condizioni logistiche di un edificio, oggi catalogato fra i monumenti nazionali, che, precorrendo i tempi, offriva gli spazi di un contenitore culturale capace di valorizzare i contenuti.
Questa è stata l'invidiabile caratteristica di un’istituzione che, dopo la ristrutturazione, come assicura il direttore Rigozzi, «si adegua alle esigenze di una società che cambia, senza tradire la tradizione».

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