Faccia a faccia con la crisi

Macioce: "Torniamo a sporcarci le mani con i nostri sogni"

Per la firma del Giornale, "abbiamo una leadership economica, politica, culturale miope, senza coraggio e priva di uno scatto di genialità"

Macioce: "Torniamo a sporcarci le mani con i nostri sogni"

Quali possono essere le cause che hanno portato alla crisi, sia economica sia sociale, che stiamo vivendo?

“E' una crisi economica innanzitutto e in più ci sono stati anche degli errori da parte dell'Occidente nella gestione della finanza al limite. A volte quando si esagera troppo nella finanza creativa, e mi riferisco per esempio all'operazione sui mutui, il mercato ti punisce. Poi c'è una crisi di valori come il consumismo, la società che pensa solo al denaro, ma questo c'è sempre stato e non voglio fare la vergine moralista su queste storie. Una cosa però è certa”.

Quale?

“C'è una crisi di coraggio della leadership. Abbiamo una leadership economica, politica, culturale miope, senza coraggio e priva di uno scatto di genialità. Stiamo vivendo in un'era in cui c'è quella che Pareto e Mosca hanno definito una crisi idealista”.

Ma come si è arrivati a questo punto?

“Il nostro è un paese in cui per anni si è sottovaluto il lavoro e il sacrificio che fanno non i grandi imprenditori che vediamo sui giornali e che frequentano i salotti chic, ma quelle persone intraprendenti, come i commercianti e i piccoli artigiani che non sono mai stati raccontati. Oppure quando hanno raccontato questa realtà, è stato fatto con quella superficialità che ti fa dire che sono bottegai, ignoranti. Invece è gente che manda avanti questo paese”.

Se poi aggiungiamo la pressione fiscale che aumenta vertiginosamente...

“Io dico sempre, scherzando ma poi neanche tanto, che se uno stato ti prende più del 50% del tuo reddito vuol dire che tu per metà sei schiavo perché per metà lavori per lo Stato. Viviamo in un paese in cui se una persona con due figli è senza lavoro o ha la famiglia o crepa. C'è uno Stato sociale enorme, dispendioso e inefficiente perché va ad arricchire chi ha contatti con la politica, con l'amministrazione e lascia invece crepare chi non ha santi in paradiso. Lo Stato sociale deve dare un paracadute ai deboli. Ma che stato sociale è uno stato che fa arricchire solo quelli che sono furbi e che lascia in mezzo al nulla i deboli e i falliti?”.

Come si esce dalla crisi?

“Se ne esce tornando a fare gli imprenditori, tornando a pensare e a immaginare un futuro perché la grande forza dell'Occidente è stata sempre quella di creare il futuro. Penso ai mercanti fiorentini nel Medioevo, agli artigiani degli anni '50 e a quello che hanno fatto i padri del pc e dei videogame negli anni '70. Tutta gente che ha avuto la forza di inventarsi un paradigma e di credere nella forza creatrice dell'impresa. Noi dobbiamo tornare a sporcarci le mani con i nostri sogni”.

Che idea ti sei fatto sul fenomeno dei suicidi?

“Io mi rifaccio a Durkheim e all'anomia sociale di cui parlava nell'800. I suicidi avvengono nel momento in cui c'è uno sbandamento dei punti di riferimento, una anomia sociale, quando si perde la rotta. Noi stiamo andando avanti con un navigatore e un tutto città vecchio di 20-30 anni. Non diamo più punti di riferimento, diamo mappe del '900 per problemi del 21° secolo. Gli imprenditori non contemplavano l'idea del fallimento a causa del non lavoro. E nel momento in cui ti accorgi che stai combattendo una battaglia titanica contro il destino, con la vergogna che ti cade addosso perché ti senti un fallito, ecco che i suicidi aumentano. E' il dramma di una situazione sociale che a volte diventa più grave perché quelli che stanno al governo, al parlamento e nei salotti culturali non hanno idea di cosa voglia dire vivere in un mondo reale. La spaccatura tra mondo reale e mondo dei seimi dei è diventata abissale”.

Il percorso letterario che consigli per uscire dalla crisi?

“La rivolta di Atlante di Ayn Rand in cui si racconta un mondo in cui gli imprenditori, stanchi di uno stato sociale finto e dei salotti intellettuali si ribellano. Come? Scomparendo e nascondendosi. E questa strana serrata fa capire cosa vuol dire cosa è una società che fa solo salotto. Immagina se tutti gli imprenditori di Italia decidessero di scomparire: tutte le chiacchiere che facciamo dimostrerebbero che senza la forza di colui che fa l'impresa è un paese morto. E poi prenderei tutti i film di Frank Capra sull'uscita della crisi della Grande depressione perché malgrado tutto ci serve un po' di ottimismo. Infine consiglierei i romanzi di Pasolini degli anni ' “Poveri ma belli”.

Insomma bisogna ripartire dagli anni '50, quando la gente si è rimboccata le maniche per ricostruire un paese intero”.

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