Politica

Maestrini Quell’Italia che non c’è

Il padre di Isaac B. Singer considerava una vera follia leggere i giornali la mattina, appena svegli. In quel momento, infatti, l'anima e il corpo, uscendo dal riposo notturno, sono aperti e, dunque, particolarmente vulnerabili. Per quale atto di masochismo dunque bisognava immediatamente avvilirli con tutto ciò che di negativo la cronaca offriva? Meglio, molto meglio, consigliava, leggere i quotidiani il giorno dopo, quando gran parte delle cattive notizie erano già state, in buona parte, metabolizzate. Queste riflessioni venivano fatte probabilmente all'inizio del 1900, quando le notizie, rispetto a quelle di oggi, erano materiale per educande. Chissà cosa direbbe, il vecchio Singer, se prendesse in mano un quotidiano attuale.
Personalmente, seguo il suo saggio consiglio da sempre. Affronto le notizie con calma, lasciandole depositare in modo di permettere al falso di separarsi dal vero, il gratuito dall'essenziale. Ma ho parecchi amici - non parlo di giornalisti professionisti, in qualche modo giustificati dal loro mestiere - che non ascoltano questo assennato suggerimento ma che, anzi, ogni mattina, appena svegli, si abbeverano avidamente alla mazzetta dei velenosi quotidiani. Ed è proprio con loro che spesso la conversazione diventa più difficile, perché hanno sempre idee certe su tutto, saturi a tal punto di indignazione che, spesso, basta dire una sola sillaba per farli esplodere.
I risultati di quest'inopportuna abitudine, con il passare del tempo, sono diventati sempre più evidenti trasformando persone, altrimenti miti e ragionevoli, in fanatici moralisti, chiusi a qualsiasi dialogo e a qualsiasi dubbio sulle versioni dei fatti riportate dai media.
In questi anni, a mio avviso, i giornali hanno fatto un pessimo servizio al nostro Paese perché hanno alimentato una cultura fatta di fanatismo, faziosità e pregiudizi - spacciati come assolute verità - creando un clima quasi da guerra civile. La calunnia, come dice Rigoletto, nasce come un venticello, ma quando si avvicinano le scadenze elettorali si trasforma in una vera e propria tempesta. Io stessa, nel mio piccolo, per molti anni sono stata oggetto di calunnie e sarcasmi da parte di certi giornali, e queste voci, messe in giro ad arte, hanno creato di me un'immagine lontanissima dal vero. Alcune cose, naturalmente, sono esilaranti. Durante un'intervista, ad esempio, un giornalista spagnolo affermò che, nel suo Paese, si dava per certo una mia candidatura a capo di An, al posto di Fini. Eravamo nel 1998. La notizia, in quel caso, provocò in me un attacco di fou rire. Il massimo che sono riuscita a raggiungere, nella mia scalata al potere, è il livello di Ispettore nel Club di Topolino nel 1966. La notizia però non si fermò con la mia smentita, anzi rimbalzò in Germania, sulle pagine dello Spiegel, in cui mi si faceva dire che, se fossi scesa in campo, ero sicura di poter spostare milioni di voti. La notizia è stata ripresa poi, con grande rilievo, da tutti i Tg nazionali. Naturalmente io non avevo detto nulla di simile, prima perché la politica non rientra nei miei interessi, secondo perché, essendo una persona naturalmente anarchica, fuggo sempre a mille miglia dal potere e dalle sue suadenti spire. In un'altra occasione, a Londra, durante una conferenza, una giornalista disse, davanti a tutti, che era noto che io fossi fascista. Non avendo mai proclamato un'appartenenza di questo tipo e non avendo mai militato in nessun gruppo, restai molto meravigliata da un'affermazione tanto perentoria, così domandai da dove venisse quella sua certezza. «Be', lo sappiamo tutti. Da Anima Mundi». «Lo ha letto?», domandai allora. «No» rispose senza alcun imbarazzo, «ma l'ho sentito dire».
Il «sentito dire» sembra essere una base importante del nostro sistema informativo. Peccato che, di sentito dire in sentito dire, si finisca per distruggere la vita delle persone. Non più tardi di un anno fa, in treno, al mio ingresso in uno scompartimento, una donna si è alzata e se n'è andata, facendo capire che non desiderava condividere il viaggio con me. Molte volte mi capita di incontrare persone che, senza essere interpellate, mi aggrediscono dicendo: «Io non la leggo per principio».
Chi sono io, per queste persone? Una persona abominevole, senz'altro. Ma per quale ragione? Questo non mi è chiaro. Perché non scrivo libri di loro gusto? Ma se non li hanno mai letti! O forse perché non mi sono mai unita al pensiero unico che domina la nostra cultura, perché non credo, come Rousseau, che l'uomo nasca naturalmente buono e che basti modificare la società, per renderla più giusta. Basta questo per essere messi al bando, ridicolizzati e disprezzati? Non è forse la pluralità delle voci la prerogativa più alta della democrazia? Da persona adulta, che ama il suo Paese e ne vorrebbe essere orgogliosa, sono letteralmente disgustata dal clima che si respira in queste settimane pre elettorali. E come ogni volta, in questa situazione, mi trovo a fare la stessa domanda. Siamo proprio sicuri che il Paese voglia questo spettacolo, che si identifichi con una classe politica il cui livello di dominio di sé può gareggiare con quello di un asilo infantile? Non dovrebbero governarci i saggi, i forti, le persone equilibrate? La custodia della lingua è una delle prime attitudini che una persona, desiderosa di occuparsi del bene comune, dovrebbe apprendere. Se le parole vanno in libertà, anche tutto il resto non sarà molto strutturato.
Ma l'Italia vera è proprio quella che compare sui giornali? Oppure esiste un Paese reale che, ringraziando il cielo, è molto diverso da quella sordida commedia che ci viene rappresentata sui media? Un Paese reale serio, preoccupato, affannato da una prolungata situazione di immobilismo, di stallo, offeso da una burocrazia che ferisce profondamente l'idea di Stato moderno. Un Paese che lavora, che si impegna, un Paese fatto di famiglie allo stremo, un Paese in cui mettere al mondo un figlio è un'impresa eroica, come lo è quella di immaginare una vita adulta, ma che comunque continua ad andare avanti e a sperare. Sì, l'Italia si regge su tante, tantissime persone straordinarie che reggono nonostante tutto perché hanno dei valori ai quali non sono disposte a rinunciare in cambio di qualche effimero tornaconto.
Quest'Italia che non compare mai sui media è un'Italia che vorrebbe una classe politica adulta. Una classe che, invece di dedicarsi all'usuale pratica di demonizzare l'avversario, operasse per la costruzione di un Paese più moderno, una classe che vivesse la politica come servizio per il bene comune e non come possibilità di abusare il potere, creando una rete di favoritismi. Una classe di uomini e donne con un profondo senso etico, in grado di dare un esempio di rettitudine alle giovani generazioni e di conforto e sprone a tutte quelle persone che, nonostante tutto, hanno continuato ad essere rette. Una classe che, in un momento così grave di difficoltà per il Paese, sapesse dare un segno tangibile, rinunciando ai troppi e vergognosi privilegi di cui si ammanta.
Come dice la bella canzone di De Andrè: «Dai diamanti non nasce niente/dal letame nascono i fior». È vero, il letame ha virtù straordinarie, io ne uso sempre in abbondanza nell'orto e nel frutteto: dove lui viene posato ogni cosa rinvigorisce. Ma da questo letame mediatico, cosa mai potrà nascere? Avvilimento, depressione, senso di impotenza.

Tutti sentimenti che non fanno bene ad un Paese che ha voglia di rinascere e si guarda intorno, alla ricerca di qualcuno che lo aiuti a farlo.

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