Magistrati o politici? Palla alla Consulta

Magistrati o politici? Palla alla Consulta

Roma Ci può essere, per il magistrato, un drastico divieto di iscriversi ai partiti politici e di partecipare attivamente alla vita politica per tutelare la sua imparzialità? La sezione disciplinare del Csm chiede alla Consulta di rispondere a questa domanda, riaprendo un delicato dibattito sui rapporti tra toghe e potere.
Succede, a Palazzo de’ Marescialli, che la difesa di un magistrato sotto accusa - non uno qualsiasi, ma Luigi Bobbio di An - sollevi la questione di legittimità costituzionale sull’articolo 3 del nuovo ordinamento giudiziario, quello che indica come illecito disciplinare «l’iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici, ovvero il coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore economico o finanziario che possono condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque compromettere l’immagine del magistrato». Per il «tribunale delle toghe» l’eccezione non è manifestamente infondata. Così, la Corte costituzionale dovrà pronunciarsi per la prima volta sulla questione.
Bobbio, oggi capo di gabinetto del ministro della Gioventù Giorgia Meloni, è fuori ruolo dal 2001 e fino al 2006 è stato senatore di An. Poi non è stato rieletto, ma è diventato consulente giuridico del vicepresidente della Camera e, al tempo stesso, coordinatore provinciale di An a Napoli. Proprio per quest’ultimo incarico nel partito di Fini, a giugno il Procuratore generale della Cassazione ha aperto su di lui un procedimento disciplinare. Bobbio non si è affatto arreso. Nella sua memoria difensiva ricorda che lui stesso, come relatore dell’ordinamento giudiziario in commissione Giustizia al Senato, presentò un emendamento per il divieto ai magistrati di iscriversi ai partiti e di partecipare alle attività politiche. Non fu approvato, ma tra gli illeciti disciplinari fu incluso quello di cui si discute. Per Bobbio, però, il divieto non riguarda chi è fuori ruolo e dunque non esercita la funzione giurisdizionale: in questo caso, scrive, «non è legittima la compressione del suo diritto costituzionale di partecipare alla vita politica del Paese». «Paradossalmente - fa notare Bobbio -, nessuna norma vieta a un magistrato nell’esercizio delle sue funzioni di essere assessore, ad esempio, nello stesso Comune in cui esercita l’attività di togato. E poi si vuole limitare chi è fuori ruolo?».


I dubbi sono stati condivisi dalla sezione disciplinare del Csm, che a questo punto ha sospeso il giudizio e ha girato il problema all’Alta Corte. «Noi - spiega il relatore della causa, Giuseppe Berruti - siamo un giudice ordinario. Se vi è un dubbio su una norma, la Corte costituzionale è competente in materia. Spetta a lei la decisione e noi la applicheremo».

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