RomaBasta con le correnti nel Consiglio superiore della magistratura e con il privilegio della non punibilità dei suoi componenti, i quali conferiscono incarichi giudiziari senza che i magistrati abbiano il diritto a un ricorso effettivo contro eventuali decisioni illegittime. Lennesima critica alla pratica del «correntismo» in seno al Csm questa volta varca i confini italiani e approda alla Corte europea dei diritti delluomo di Strasburgo, grazie al ricorso di un magistrato che, stufo di vedersi sistematicamente scavalcato da altri colleghi meno titolati e con meno anzianità in occasione di nomine a incarichi direttivi o semidirettivi, ha presentato un dettagliato ricorso con il quale chiede lo scioglimento del Csm e la nomina di un commissario straordinario, oltre che limmediata abrogazione della norma che concede la «non punibilità» ai componenti togati di Palazzo dei marescialli.
Lalto magistrato in questione è Salvatore Cantaro, attualmente sostituto procuratore generale presso la Corte dappello di Roma, con incarichi prestigiosi alle spalle in uffici «di frontiera» come quello di presidente di Corte dassise a Caltanissetta e presidente del tribunale di Gela. Negando ai magistrati la possibilità di azioni legali, secondo Cantaro, lo Stato violerebbe la Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libertà fondamentali. Contro le deliberazioni del Csm, infatti, è consentito soltanto il ricorso al Tar e, in appello, al Consiglio di Stato. Ma è un «ricorso fittizio» in quanto il Tribunale amministrativo può solo annullare le delibere, che poi vengono rimesse nuovamente al potere decisionale del Csm, cioè la controparte nel giudizio, il quale ha il potere di rinnovare la deliberazione nello stesso identico modo. Il magistrato allora è costretto a ricorrere in continuazione, «diventando come una pallina da ping pong che rimbalza inutilmente dal Tar al Csm».
Esemplare il caso, citato nel documento, di Pasqualino Bruno, un magistrato che nel 2001 ambiva alla nomina di procuratore di Nicosia. Il Csm affidò invece lincarico a Carmelo Zuccaro e la decisione venne impugnata da Bruno: il Tar rigettò il ricorso mentre, in appello, il Consiglio di Stato lo accolse. Chiamato di nuovo a pronunciarsi, nel novembre del 2004, il Csm nominò ancora Zuccaro, deliberazione dichiarata nulla nellaprile del 2005 dal Consiglio di Stato. La palla, a questo punto, passò nuovamente al Consiglio superiore della magistratura, che rinnovò la stessa nomina. Bruno non si arrese e continuò per otto anni con ulteriori ricorsi, fino ad arrivare alla soglia della pensione senza aver ottenuto alcun risultato utile.
La Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo verrebbe violata anche dal privilegio della «non punibilità» dei membri del Csm, che non possono essere chiamati a rispondere in sede penale o civile di eventuali illeciti commessi. E questa consapevolezza avrebbe determinato tra i togati di Palazzo dei marescialli «una diffusa deviazione antidemocratica di condotta, caratterizzata dalla ricorrente prevalenza di interessi personali sullinteresse pubblico». La quinta commissione, quella appunto che conferisce gli incarichi, sarebbe disciplinata solo dalla «ferrea regola della ripartizione correntizia». «Gli incarichi - si legge nel ricorso - vengono conferiti non in base ai titoli e alle capacità professionali dei singoli magistrati, ma mediante una spartizione (che è consentito definire quanto meno illecita) legata esclusivamente allappartenenza alle correnti». Unabitudine che «finisce per incidere negativamente anche sul funzionamento degli uffici, non sempre ricoperti dai magistrati più idonei».
Cantaro cita un altro caso emblematico, lesito del concorso per la nomina di nove sostituti procuratori generali presso la Corte di cassazione: su nove posti sono stati scelti cinque aspiranti che erano stati componenti (eletti dalle correnti) del Csm e altri quattro che erano componenti della dirigenza dellAnm in rappresentanza delle correnti.
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