
La «Madonnina» canta un «Magnificat» radioso quanto l'arcobaleno in nome dell'Editto di Costantino, figlio di Sant'Elena che mostrando all'imperatore la Croce pronunciò la celebre frase: «In hoc signo vinces». Il maestro Leonardo Schiavo, trent'anni, ha creato l'opera vincitrice del Primo concorso internazionale di composizione, organizzato dalla Veneranda Fabbrica del Duomo, da Casa Ricordi e dal Festival Mito. Il testo per doppio coro, perché c'è anche quello dei bambini, e orchestra verrà eseguito in cattedrale martedì 18 settembre alle ore 21. Molti gli spartiti arrivati alla Veneranda, tutti firmati da giovani musicisti, segno che la fonte della musica definita sacra è viva più che mai.
«Ho già lavorato ad alcuni brani sacri, ma per questo in particolare ho cercato uno stile in cui il suono esplode in tutto il suo colore» racconta Schiavo, che ha iniziato a dedicarsi alla musica in prima media insieme al fratello gemello Alberto suonando il flauto traverso, «ed era tardi per un musicista - commenta -. Avrei voluto iniziare prima, ma ho conosciuto la musica in questo modo, grazie alla scuola, e si vede che così doveva essere». Diplomato in composizione al Conservatorio di Padova e laureato in Musicologia all'Università patavina, Schiavo vive a Sarego in provincia di Vicenza. Perché il «Magnificat»? «Non è un testo che rientra nei canoni classici della composizione, eppure è meraviglioso perché è pieno di gioia. Forse proprio per questo è sempre stato snobbato. Solitamente la musica sacra preferisce i toni più cupi, meno felici, ma cambiare questa prospettiva ormai era doveroso. Il «Magnificat» è il simbolo della libertà», proprio come l'Editto di Costantino, che quest'anno compie 1700 anni. «L'anima mia magnifica il Signore. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente» canta Maria in vista alla cugina Elisabetta. L'inno di una donna in gravidanza davanti ad un'altra donna in gravidanza, madri di Gesù e di Giovanni Battista. Un canto femminile? «Sì, ma anche dell'intera umanità che non teme di nascondere la goia di credere. Questa è la novità. Credere con un sorriso». Dura venti minuti; insieme ai due cori, ci sono un soprano, un contralto, un tenore, un basso; è strutturato in cinque momenti. «Quello centrale è più scuro degli altri, per far risaltare maggiormente la luce, perché come si dice: se vuoi vedere la luce, devi vedere il buio».
Quando ha composto il «Magnificat» Leonardo Schiavo ha pensato a un'orchestra che «liberasse tanto, tanto suono», ha pensato che le orecchie degli ascoltatori «si aprissero quasi naturalmente a questo suono, in un modo in cui in Europa non siamo più abituati.
Questa volta volevo tutte quelle note a cui il nostro orecchio non è più avvezzo».