Atene - Paolo Maldini, oggi lei raggiunge Francisco Gento: 8 finali di Champions. Non si sente un po’ vecchio?
«Ho voglia di entrare nella storia. Ecco cosa mi spinge a continuare e a fare tanti sacrifici a causa di questo ginocchio ballerino. E poi, dopo 23 anni di onorata carriera, non ho bisogno di questa finale per considerare al top la mia avventura nel calcio».
Cosa la spinge in particolare?
«L’orgoglio, uno smisurato orgoglio, questa la molla che mi tiene a certi livelli».
Lei ha già rinnovato sulla parola il contratto col Milan per un altro anno. Ma dove vuole arrivare?
«Oggi la Champions, poi vedremo. Ormai ho vinto tutto, ma rivincere certe coppe è bello: magari quella Intercontinentale in Giappone nel prossimo dicembre non sarebbe una cattiva idea».
Sì, però oggi c’è il Liverpool...
«Brutta gatta da pelare, squadra forte e completa, molto bene organizzata. È la più italiana tra le squadre inglesi, concede poco allo spettacolo e fa male con la velocità e il contropiede. Temo Gerrard, ma anche Crouch, se ci sarà, per la sua altezza e abilità nel gioco aereo. Questa è per loro un’arma in più visto che rispetto a due anni fa non sono cambiati di molto».
Si aspettava, a inizio stagione, di essere oggi ad Atene?
«No, troppi problemi, preparazione affrettata per i preliminari, poco riposo per i giocatori mondiali. Abbiamo penato all’inizio. Poi ci siamo ripresi, quando siamo venuti qui in novembre Ancelotti ci ha detto che saremmo tornati. Sembrava un’utopia, ma essere grandi significa pensare in grande. Ed eccoci qui. Abbiamo superato tutte le difficoltà perché per noi la Champions è quasi come un campionato, una manifestazione a cui siamo abituati. Ma, oltre ad Atene, sono stati fondamentali anche i sei punti conquistati contro l’Anderlecht».
Dica la verità, un pochino non si sente emozionato?
«Sì, ho 39 anni e riesco ancora a provare emozioni, questo è bello, un fattore positivo che spinge ad andare avanti».
Però adesso, nel caso il Milan dovesse vincere, lei si troverebbe a contendere al suo compagno Kakà il Pallone d’oro. Ci sono tanti spifferi sul suo nominativo in pole position...
«Questo sarebbe davvero un imbarazzo incredibile (e giù una bella risata, ndr), ma non penso proprio di vincerlo nel 2007. Non l’ho vinto prima, non lo vincerò ora, anche perché il Pallone d’oro se lo merita Kakà. È lui il vero protagonista di questo 2007. E poi a me i premi individuali interessano poco, prima viene il successo della squadra».
E Kakà da parte sua ribatte che non pensa al premio, ma solo ad imitare la carriera di Maldini e Costacurta. Da Atene ’94 ad Atene 2007. Il Milan conta di ripetere quell’impresa contro il Barcellona?
«Fantastico allora, sarebbe altrettanto fantastico oggi».
Quando il Milan vinse la coppa a Manchester la premiazione fu fatta sul campo. Ora si torna all’antico, in tribuna.
«Uno dei miei ricordi più belli è proprio quella sera. Quando all’Old Trafford in mezzo al campo ho alzato la coppa e dietro avevo tutti i compagni pazzi di gioia. Quella è l’immagine giusta».
Ci riveli un segreto: quale elisir di giovinezza prende per restare sempre ai massimi livelli? Ormai tutti la considerano un immortale, un highlander del calcio.
«Nessun segreto. Ho trovato la famiglia giusta e soprattutto la società giusta.
Caro Paolo, come finisce questa sera?
«Voglio che la storia del Milan e anche la mia continui. Sono 18 anni che vinciamo insieme. Perché interromperla proprio adesso?».
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