Nevica e l’Italia si paralizza, treni-incubo, chiudono le autostrade, anche in assenza di neve (basta la minaccia) e si aprono i telegiornali sull’emergenza maltempo.
Un terremoto senza danni e vittime colpisce la Padania e semina terrore; il tg apre mostrando comunissime lesioni domestiche, che ci sono nelle case di mezzo Paese, come se fossero le cicatrici di una catastrofe. Si intervistano gli scampati di tragedie virtuali, o non accadute, come se fossero profughi e martiri potenziali di chissà quale ecatombe.
Sciopera una qualunque categoria, anche piccina,e l’Italia si paralizza ancora. Per non dire di un transatlantico che affonda a riva, al ralenti, a pochi metri dalla terra ferma.
Ma com’è cagionevole questo Paese; quando non ha una tragedia fresca di giornata se ne fabbrica subito una, ingigantendo un disagio o spaventandosi per le ipotesi di calamità.
Da cosa dipende questa ipersensibilità all’inconveniente? Non dalle volgari ragioni razziali ventilate da qualcuno gli italiani, diceva Flaiano, non sono una razza ma una collezione- ma perché siamo un popolo intelligente, abituato alla vita dolce e al clima mite, disabituato alle intemperie, e non sopportiamo un nonnulla; in più abbiamo una fantasia sviluppata, dove il possibile eccede sul reale. Perciò è vivo il senso del comico e il senso del panico.
class="abody"> Siamo un Paese vecchio e bambino, e di ambedue abbiamo la spaventata fragilità. La nostra prevenzione è simulare le tragedie, in modo da figurare di averle già scontate; un vaccino per truffare la sorte.
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