Londra - Neppure la finale più prestigiosa sul palcoscenico di casa lo ha convinto a rompere il proverbiale silenzio. Massimo riserbo, nessuna dichiarazione. Eppure chissà cosa darebbe Roman Abramovich per vedere il suo Chelsea trionfare questa sera al Luzhniki Stadium. È la Champions League d'altronde l'ambizione dichiarata del tycoon russo. La Premiership non regala più le emozioni dei primi tempi, quando nel 2003 Abramovich acquistava il club di Stamford Bridge per 188 milioni di euro. Conquistato già due volte, l'alloro domestico è ormai un ripiego nelle gerarchie di Abramovich, tornato in tribuna solo per l'ultima di campionato - vinto dai rivali di questa sera, il Manchester United - dopo mesi di assenza.
Sarà stata colpa della nuova fidanzata, l'incantevole Daria Zhukova, ex di Marat Safin. O degli affari (petrolio, acciaio, in futuro anche le miniere di diamanti Zao Alrosa e d'oro Oao Polyus Gold). O ancora degli impegni politico-istituzionali. Ma a Mosca ci sarà. Dopo cinque anni di attesa, e 620 milioni di euro spesi in campagne acquisti faraoniche, finalmente Abramovich è ad un passo dalla gloria internazionale. La finale più inseguita dal 16° milionario del mondo (con un patrimonio di 14,7 miliardi di euro, fonte Forbes), dopo le tre semifinali degli ultimi quattro anni. Passerà tutto in secondo piano per 90 minuti (più eventuali supplementari).
Le sue fortune, il suo sterminato portafoglio immobiliare (la tenuta a Flyning Hill, nel West Sussex; lo «Chateau de la Croe» di Cap d’Antibes, già residenza dei Duchi di Windsor; lo chalet «Wildcat Ridge» vicino ad Aspen, in Colorado), i suoi sottomarini come la monumentale flotta di yacht che comprende, tra gli altri, il Pelorus (114 metri) e il nuovo Eclipse del valore di 251 milioni di euro. Persino la recente passione per l'arte, che nel giro di pochi giorni lo ha portato a sborsare circa 80 milioni di euro per due quadri («Benefits Supervisor Sleeping» di Lucian Freud e «Triptych» di Francis Bacon), verrà oscurata dal tifo. Perché in palio non c'è solo una coppa sportiva, ma l'ambizione di riscrivere - lui orfano a quattro anni nella sperduta Saratov - la storia di un club inglese, per la prima volta in cima all'Europa.
Per avverare il suo sogno Abramovich non ha esitato a licenziare lo «Special One», quel José Mourinho, vincente almeno quanto presuntuoso, di gran lunga meno accomodante dell'attuale Avram Grant, traghettatore di buon senso in scadenza di contratto.
Il massimo sarebbe vincere con un gol di Andrey Shevchenko, un capriccio voluto e difeso dal patron a dispetto di santi e allenatori. Forse sarebbe veramente troppo: per una volta Abramovich pare disposto ad «accontentarsi». Di vincere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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