Ma il Manchester non era così irresistibile?

E allora è proprio vero: nel calcio non esistono le armate invincibili. L’ultima conferma arriva niente meno che dalla fortezza inglese del Manchester United, l’Old Trafford e da quel 2 a 2 col Porto che è diventato all’improvviso lo specchio dei tormenti italiani e dei rimorsi inglesi. Il primo a confessare l’atto di superbia commesso è proprio sir Alex Ferguson che da quelle parti è una specie di messia, neanche il 2 a 2 è riuscito a scalfire la sua sagoma oltre che la credibilità presso il popolo United. «Avrei dovuto chiedere l’anticipo della Premier al sabato» la sua confessione che è diventata una parziale chiave di lettura del 2 a 2 impacchettato a sorpresa dai portoghesi del Porto, il club che lanciò in Europa Josè Mourinho. Prima lezione: mai sottovalutare un rivale. Anche se dovesse arrivare da un calcio meno competitivo e ricco quindi, come quello portoghese. Seconda lezione: non esistono le armate invincibili. Ferguson è il primo a saperlo e a considerarlo un evento naturale: nessuna squadra, neanche i campioni del mondo in carica, può pensare di restare in traiettoria con le performances migliori dodici mesi di fila. Di solito, è la storia del torneo giapponese a confermarlo in modo solenne: infatti, nei primi mesi dell’anno successivo alla conquista del mondiale per club, lo scadimento di condizione è garantito. Avvenne col Milan, naturalmente, ma anche prima del 2007, a dimostrazione che passare dalla Champions al Giappone, senza smarrire il filo della forma migliore in campionato e nella coppa continentale, non è una passeggiata di salute.
A dire il vero, proprio contro l’Inter, più nella sfida dell’Old Trafford che all’andata, il Manchester aveva denunciato qualche segnale di cedimento. A San Siro per 60 minuti impose calcio di qualità e ritmi ossessivi: fu fermato da uno strepitoso Julio Cesar. Al ritorno salvò la pelle grazie a un palo, una traversa e la mira discutibile di Ibrahimovic e Stankovic. Gli inglesi possono soffrire il palleggio, i ritmi bassi e se non trovano spazi nei quali scatenare Rooney e Tevez diventa complicato per loro affidarsi esclusivamente alle finte di Cristiano Ronaldo. Riuscì a Oddo, col contributo decisivo di Gattuso, di fermarlo, riuscì a Santon che è debuttante di grande futuro, figurarsi all’attuale Porto spietato nel raggiungere il 2 a 2 con una stoccata di Mariano Gonzales. Ecco il perfido gioco del destino calcistico: proprio a un esponente dell’Inter dei tempi di Roberto Mancini, è riuscita l’impresa di firmare quel risultato che può far risvegliare i Red Devils fuori dalla Champions, secondo una tradizione che vuole puntualmente fuori dal torneo, ai confini della semifinale, i campioni in carica.
Da qui alla sfida del ritorno c’è tutto il tempo per prendere nota del recupero del Manchester che ha doti tecniche oltre che orgoglio autentico per ribaltare quel risultato e inchiodare i portoghesi al loro destino.

Ma non sarà tutto sprecato se non capiremo nel frattempo che è vero, le squadre in campo e i loro risultati, sono lo specchio dei rispettivi bilanci economici, che forse dovremo tenere d’occhio qualche ragazzo indigeno (Macheda, l’ultimo esempio) ma che le armate invincibili nel calcio non esistono.

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