Mancio, la stanchezza del mister per un pomeriggio bersaglio delle tv

Massacrato dai commentatori sportivi. «Ci sono abituato. Ce la giochiamo a Parma»

da Milano

Tutti a Parma, mai banali. Trascorrono i minuti dal fischio finale e il Mancio sembra acquistare sicurezza, tradito solo da quell’occhio da cocker non esattamente in salute. In fondo solo un ipocrita ieri pomeriggio sarebbe riuscito a non solidarizzare con lui quando il suo dopopartita in tv si è trasformato in un calvario di battute e ironia a basso costo. Il Mancio si è preso tre o quattro obliterate in testa dai soloni in studio. Lui ha risposto sempre con la medesima frase qualunque fosse la domanda: «Non sarà facile a Parma, ma non lo sarà neppure per la Roma a Catania». Poi le spiegazioni tecniche che onestamente fregano poco, si è vista la partita, non c’è bisogno di ulteriori chiacchiere. E poi questa è l'Inter, un insieme che riesce sempre a rendere molto più elettrizzanti le voci fuori campo. Alla fine cosa hanno detto veramente Moratti e Mancini a Materazzi? Di sicuro il Mancio lo ha richiamato quando, per la seconda volta, ha respinto il tiro di un compagno quasi a botta sicura: «Ma cosa ci fai lì?». E poi quando Matrix ha tolto a Cruz ogni sogno di calciare dagli undici metri, sarebbe esploso: «Non tira Julio? Allora vaf...». Anche se poi dirà che neppure si era accorto che lo avrebbe calciato Materazzi: «Mi stavo girando».
Povero Mancio, era stanco, ora è stanchissimo. Pensandoci forse quei cinque milioni netti all’anno non sono un’eresia: «Io con la pressione ci convivo - risponde mentre gira la testa lentamente verso chi gli ha rivolto la domanda -. Massì, andremo a Parma. Ma io la vivo come una partita, non come un dramma. Il presidente ha detto che la partita ce l’ha fatta perdere Materazzi? Veramente noi non abbiamo perso, abbiamo pareggiato». È stimolante questa lucidità del Mancio. Anche quando ribatte a chi vede un gruppo al limite di una crisi fisica e di nervi, a chi accusa la squadra di non aver saputo tenere il vantaggio per ben due volte. Era il Siena, quasi quaranta punti meno dell’Inter, imbarazzante dare spiegazioni: «È stato peggio sul 2-1, tutti andavano avanti, anche i due centrali difensivi, dovevo continuamente urlare per farli rientrare. Forse siamo stati un po’ egoisti ma tutti hanno dato il massimo». Dai, se oggi l’Inter avesse vinto il suo sedicesimo titolo sarebbe stato quasi normale: «Ne erano tutti convinti. Ma il calcio non è mai scontato, adesso vediamo cosa succederà domenica». Sarebbe quasi una domenica da Inter e basta se non ci fossero queste storie di labiali carpiti in tribuna e in panchina. E quella dichiarazione del presidente che poco prima della partita aveva annunciato interessanti dichiarazioni di Mancini in caso di scudetto. Miodio, cosa voleva dirci? «Io? - si chiede Mancini stupito -.

Proprio non saprei, chiedete al presidente». E così c'è materia per riaprire il fascicolo sui loro dissapori. Comunque domenica c'è l’hombre vertical Hector Cuper che può far perdere all’Inter il secondo scudetto, ma sarebbe banale, non da Inter.

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