Le mani di finiani e massoni sull’eredità di Pannunzio

Dimenticato per anni, all’improvviso tutti lo hanno scoperto come un maestro: in occasione del centenario molti hanno cercato di accaparrarsi il pensiero del grande giornalista liberale. Senza averne i titoli

Le mani di finiani e massoni sull’eredità di Pannunzio

Pier Franco Quaglieni

Si chiudono le manifestazioni per il centenario della nascita di Mario Pannunzio (Lucca, 1910 – Roma, 1968): un centenario che, malgrado le polemiche, ha consentito di riportare alla ribalta un protagonista della storia culturale e giornalistica di questo Paese, andando oltre l’agiografia entro la quale Pannunzio era rimasto prigioniero. Solo alcuni attempatissimi signori hanno continuato a parlare del Pantheon in cui Pannunzio dovrebbe essere collocato, ma il loro discorso è da inquadrare nello strano clima politico in cui persino il Secolo d’Italia ha tentato di appropriarsi della figura di Pannunzio, sbagliando addirittura la pubblicazione della sua fotografia, confusa con quella di Arrigo Benedetti... Lo stesso presidente della Camera, Gianfranco Fini, si è fatto promotore di un’iniziativa un po’ bislacca in cui ha ritenuto di non invitare il Centro Pannunzio, l’unico che, da oltre quarant’anni, rappresenta la continuità e la legittimità pannunziana, come volle la vedova, la quale destinò le carte e la biblioteca del marito al nostro Centro.
All’atto della redazione del programma del centenario ci eravamo proposti alcuni punti irrinunciabili: approfondire una riflessione storico-critica sulla figura e sull’opera di Pannunzio, liberandole da una sorta di «monopolio» che lo ha reso un’icona da venerare piuttosto che un intellettuale da studiare con il necessario distacco critico; rivendirne il ricordo in quanto da almeno dieci anni il suo nome sta scomparendo dalle storie della letteratura e persino da alcune enciclopedie; mandare in internet Risorgimento liberale e Il mondo, o almeno una loro antologia, per consentire a tutti la possibilità di leggere i due giornali e farsene un’idea diretta; organizzare una serie limitata di eventi, destinati principalmente ai giovani, volti a far conoscere aspetti fondamentali del pensiero liberale di Pannunzio finora trascurati, nel solco tracciato da Mirella Serri con il suo Profeti disarmati; scoprire due lapidi commemorative a Lucca e a Roma.
Di fronte alla grave crisi economica che attanaglia il Paese abbiamo rinunciato, per ciò che ci riguardava, al contributo pubblico stanziato, sollecitando il Ministro a destinare quella somma al restauro di un monumento nell’Abruzzo colpito dal terremoto (la famiglia Pannunzio era originaria di quella regione). Una decisione molto apprezzata, tra gli altri, da Marco Pannella e tantissimi abruzzesi.
Abbiamo quindi messo in piedi un Comitato spontaneo per il centenario della nascita dlel grande giornalista e scrittore, e con pochi fondi abbiamo continuato nelle iniziative inaugurate dal Centro Pannunzio nel marzo 2010 e proseguite in molte località italiane nell’anno che si è appena concluso (una coda si avrà nel 2011 in alcune città, tra cui Napoli). Va ricordato, tra l’altro, che il francobollo commemorativo emesso da Poste Italiane in quattro milioni di esemplari è stato proposto e ottenuto dal Centro Pannunzio e non da altri, come qualcuno ha cercato di far intendere. Osteggiati da alcuni ambienti legati alla Massoneria che, forti di appoggi giornalistici, avrebbero voluto monopolizzare la figura di Pannunzio, oggetto di attacchi, anche personali, siamo andati avanti per la nostra strada senza lasciarci intimidire dalle minacce, né blandire dalle lusinghe interessate di alcuni finti amici. E i risultati non sono mancati.
L’Istituto superiore di Trapani diretto da Erasmo Miceli ha dichiarato la sua disponibilità alla scannerizzazione dei giornali di Pannunzio e il progetto è pronto per decollare con la regia tecnico-informatica di Dante Giordanengo. Invece la lapide per Pannunzio sulla casa natale è stata inaugurata in marzo dal Sindaco di Lucca, Favilla, mentre quella romana, inspiegabilmente osteggiata sul palazzo dove ebbe la prima sede il Mondo (abbiamo capito, in tempi recenti, che si trattò quasi sicuramente di «fuoco amico», di quelli che Piero Ostellino ha definito recentemente i «pannunziani di complemento» che hanno agito sottotraccia) sarà posta nel palazzo che fu la seconda sede del Mondo davanti a Montecitorio, come dimostra una lettera che abbiamo ricevuto dal Sovrintendente Umberto Broccoli che ha accolto il testo da noi proposto.
Abbiamo realizzato incontri spontanei in città italiane grandi e piccole, malgrado la vera e propria guerriglia (siamo stati invitati in due città che frettolosamente ci comunicarono di aver cambiato idea..) che è stata attuata contro di noi da gente che ha scoperto Pannunzio solo nelle vicinanze del Centenario e che e, di fatto (dopo che il Ministro Bondi annullò il Comitato nazionale con il relativo contributo) non è stata capace di rimboccarsi le maniche, ma si è limitata a lanciare anatemi contro di noi, colpevoli di aver mandato all’aria il contributo statale.
Ma il risultato più importante del centenario è forse anche il più inaspettato. La docente dell’Università di Firenze Carla Sodini ha realizzato un’accurata ricerca - che presto sarà pubblicata in volume - che riguarda i rapporti tra Pannunzio e l’ambiente lucchese e gli amici toscani: Benedetti, Tobino, Ragghianti e altri. Questo saggio - che è la vera, grande novità del centenario - propone una lettura non romano-centrica di Pannunzio, volta a studiare i rapporti con la città che solo apparentemente aveva abbandonato all’età di 12 anni.

Lucca resta invece un riferimento costante di Pannunzio e si potrebbe affermare che egli non «andava solo in via Veneto», come ci ha raccontato Eugenio Scalfari, ma ha continuato a frequentare le vie, i caffè e i ristoranti lucchesi (pensiamo alla «Buca di Sant’Antonio», dove ancora c’è una fotografia di Pannunzio e Benedetti): in particolare il rapporto con Arrigo Benedetti, secondo la Sodini, è stato di fondamentale importanza soprattutto per Pannunzio che fu collaboratore assiduo dell’Europeo e ebbe in Benedetti un sostegno determinante all’atto della fondazione del Mondo.

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