«Manovra comunista, la peggiore della storia»

Grazie al Polo più entrate per 38mila miliardi di lire. Le «lacrime e il sangue» non erano certo necessari

da Roma

Non usa mezze misure Silvio Berlusconi. Che entrando nell’Aula della Camera per assistere alle dichiarazioni di voto sulla Finanziaria si limita a una battuta alquanto caustica: «Questa manovra è la peggiore della storia della Repubblica». Una Finanziaria, dice il leader di Forza Italia, «originata dal fondamentalismo ideologico della sinistra comunista, radicale e massimalista» e «portata avanti con un dilettantismo quasi impensabile». È stata gestita, prosegue il Cavaliere, «in un clima da suk arabo in cui tutti chiedevano favori, anche ricattando il governo e minacciando di non votare la Finanziaria». E poi, aggiunge commentando la scelta del governo di porre la fiducia, «è stata approvata con un atto di arroganza e prepotenza che offende il Parlamento». Quanto agli effetti, Berlusconi non ha dubbi: «Ridurrà i consumi e produrrà un freno sullo sviluppo dell’economia». Considerazione su cui Romano Prodi non è d’accordo, perché - ribatte a stretto giro il premier - «questa manovra è ottima e farà ripartire i consumi». Il leader di Forza Italia, però, tira dritto. E torna anche sulla questione conti pubblici, che - assicura - «abbiamo lasciato in ordine, al contrario di come li avevamo ricevuti dai precedenti governi della sinistra». Anzi, aggiunge, «abbiamo consegnato i conti con un extrabudget di maggiori entrate fiscali intorno ai 38mila miliardi di vecchie lire». Insomma, una manovra così «lacrime e sangue non era assolutamente necessaria». Uscendo dall’Aula il Cavaliere rincara la dose. Attacca Piero Fassino, perché la dichiarazione di voto del segretario dei Ds è stata «un comizietto basato sulle menzogne» al punto che «molta gente non ha applaudito il suo discorso». E rilancia la manifestazione del 2 dicembre: «Non è stata voluta da noi, c’è stata richiesta dai nostri elettori come atto di opposizione collettiva. Tanti italiani vogliono scendere in piazza per manifestare fisicamente il loro dissenso nei confronti di questo governo e del suo operato».
In Aula prendono la parola per le dichiarazioni di voto anche Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini. Per il leader di An la manovra «è pessima» e gli italiani «non sono impazziti ma delusi e spaventati». «Non ricordo una Finanziaria così imbarazzante», aggiunge Fini invitando Romano Prodi ad andare «in incognito in un bar, in un autobus o allo stadio per sapere cosa gli italiani pensano davvero di lui». Durissimo anche Casini che parla di «governo al capolinea dopo sei mesi». Non faremo ostruzionismo, spiega il leader dell’Udc, ma - nonostante vi siano nell’opposizione «visioni diverse» - neanche «sconti». Insomma, «continueremo il nostro impegno al Senato». «La sessione di Bilancio - spiega - è da riformare, perché il degrado aumenta», e quest’anno «oltre all’esproprio dell’Aula» c’è stato «anche quello della commissione Bilancio». Anche per Casini, poi, l’esecutivo è ostaggio di una sinistra «classista e ideologica» che ha fatto sì che «ci saranno più tasse per tutti, per i redditi bassi ma soprattutto per quelli medi». Duro anche Roberto Maroni, capogruppo della Lega alla Camera. L’esponente del Carroccio parla infatti di manovra «sconclusionata e recessiva» verso cui la Lega esprime «un dissenso forte e radicale». «Molti», aggiunge Maroni, sono «i punti criticabili», ma il problema vero sono soprattutto «le tasse». La Finanziaria, attacca l’ex ministro leghista rivolgendosi direttamente a Prodi, «dà una mazzata senza precedenti al mondo delle imprese e al mondo del lavoro che lei ha ingannato durante la campagna elettorale e che ora è in rivolta». E ancora: «La protesta monta, ma lei non comprende, e anzi la alimenta con dichiarazioni dissennate perché secondo lei chi protesta è pazzo o evasore». Parole, quelle di Prodi, che Maroni reputa «più degne di un attore di avanspettacolo che di un uomo di Stato». A nome di Forza Italia parla invece l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti.

La Finanziaria, attacca, «fallisce i suoi tre obiettivi, risanamento, ripresa e giustizia sociale». Una manovra «irrilevante sui redditi alti, molto pesante sui redditi medi e massacrante sui redditi bassi». Insomma, «è regressiva come una moderna, plurima tassa sul macinato».

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